Il funambolo. Questa è la figura segreta e allegorica che Lara Pompei, giovane artista teramana (classe 1982), scopre in se stessa e negli altri, un universo di anime che vivono un bilico perfetto e incantato sopra lo scorrere del mondo. Scrive di lei il critico Arianna Di Genova: “I suoi acrobati, a volte, perdono tutto. Non volano leggeri sul filo che s’inerpica verso il cielo, ma finiscono per rotolare, imprigionati in un guscio d’uovo (…) metà bambini, metà insetti, piccoli semi universali che tentano di muovere i
primi passi con lo stupore di un’infanzia mai abbandonata”. Confessa l’artista: “Questo lavoro è finora il primo veramente importante che ho fatto. Ad oggi, sento di non aver potuto ancora fare molto: avrei voluto più tempo mentre ero in Accademia a L’Aquila per potermi dedicare alla mia produzione. Gli artisti hanno l’obbligo di lavorare alacremente, senza aspettarsi indietro solo soldi e gloria. Bisogna cercare una più profonda onestà artistica e intellettuale”. Soggiunge: “Credo che nel passato gli artisti fossero più onesti: oggi i gruppi artistici, le scuole, nascono solo in base alle convenienze e ai dettami delle gallerie. I critici d’arte investivano parecchio sui nuovi nomi: gli artisti si mettevano insieme perché avevano dei valori comuni. Oggi pare si viva nel passato”. Lara, cose ne pensi delle mostre d’arte? È un modo ancora valido per fruire la bellezza delle opere? “Onestamente (ride) mi sono stufata. Se ne vedono di raccapriccianti, con tutto il rispetto. In Abruzzo ce ne sono davvero poche di un qualche valore. Per fare delle buone mostre è fondamentale la fi gura del curatore: le collettive, ad esempio. Spesso non hanno un tema chiaro, un filo conduttore. Sono solo un’accozzaglia di quadri messi insieme, che vanno a fare una sorta di ‘the best of’. Ma non è così che funziona; le personali, invece, possono essere più interessanti, specie se l’artista cerca prima di tutto l’espressione e il contatto con il pubblico”. A volte, forse mi sbaglio, si ha l’ impressione che nell’arte si sia già detto tutto e il concetto stesso di originalità sembra subire una crisi. I due cardini dell’arte, da sempre, sono imitazione e invenzione. Come vedi questo rapporto tra i due princìpi nella nostra epoca? “Certamente la storia dell’arte continua, perché altri non è che la storia stessa dell’umanità e del suo immaginario, della sua coscienza collettiva. Occorre sempre osservare, con pazienza, i cambiamenti e le idee della contemporaneità e trovare il linguaggio adatto ad esprimerli, anche prendendo spunto dal linguaggio di artisti del passato o da codici espressivi dell’antichità. Però, sempre senza copiare.”Torniamo un attimo al tuo lavoro sul funambolo: a linee nette e rigide (le funi) sono controbilanciate da figure morbide e plastiche (i funamboli). Mi sembra un incontro tra un principio femminile e uno maschile. “Credo che in parte posso darti ragione: il pensiero è più femminile ed è tradotto dalle linee morbide. Sono le linee su cui lavoro dopo aver buttato giù il non-pensato, l’istintivo, aspetto che tendo ad identifi care di più con l’archetipo maschile”. Come vedi il rapporto con i media e con i social-network? Facebook, ad esempio, aiuta gli artisti a raggiungere la notorietà? “Il problema è che Facebook è un enorme calderone, pieno di trivialità. Èun ottimo canale, ma non sfruttato appieno. Gli artisti devono usarlo, senza abusarne, perché è uno strumento ancora troppo nuovo. Per il resto, il mondo web è certamente un canale importante, dove ormai si svolge la gran parte delle attività umane. Comunque, è ormai tempo per un mio sito web”. Parlami dei tuoi maestri del passato, gli artisti che senti più vicini. “Difficile scegliere. Ogni artista ha una propria caratteristica, nella forma, nel linguaggio pittorico, nel pensiero. C’è chi fa una ricerca scientifica perché è affascinato dal nuovo, dal movimento, da spazi inesplorati… Quindi ricercano nella scienza,ma non per questo lontano dall’umano. Quindi amo tutti gli artisti che ricercano l’umano, la loro essenza (ovviamente con ragione) e le ricerche del tempo. Eviterei perciò di farti dei nomi: sarebbe troppo scontato”. L’ultima parola la affido alle righe conclusive di Arianna Di Genova sul lavoro di Lara, lei stessa alla ricerca della sua dimensione artistica e umana come il funambolo che ama disegnare: “E il funambolo, da sempre figura in bilico tra i due mondi, quello di sopra e quello di sotto, è tornato ad essere un ponte tra la vita e la morte, un messaggero che inarca la sua schiena tra passato, presente e futuro.” Che sia l’auto-ritratto dell’artista?