Il viola è il colore di un cambiamento impedito dal peso della propria coscienza. Ma anche un urlo acido e ottuso, un sogno estinto divenuto troppo presto schiavo dell’errore, profondamente attratto dalla propria incoscienza. Uno spleen che si tramuta in suono marziale, cadenzato come un battito cardiaco al ritmo di un’onda oscura: il dark wave, genere musicale nato agli albori degli ’80, si rigenera nelle composizioni dei
Christine Plays Viola, band abruzzese al suo disco d’esordio, ma con alle spalle una già navigata esperienza sui palcoscenici underground che contano del panorama nazionale. Il viola, insieme al nero e al grigio, è l’elemento cromatico che riassume la loro estetica. Il frontman del gruppo, il teramano Massimo Ciampani, nei loro intensi live nasconde il volto dietro una maschera amorfa, novello fantasma dell’opera che con il suo canto baritonale ripercorre le tonalità torve di gruppi ormai inghiottiti dalla nostalgia del tempo. Un suono demodé che, redivivo, rievoca i cari estinti (Joy Division su tutti), capace di emergere dai più reconditi abissi dell’animo. Musica ballabile, opprimente, sfocata, recettiva. Witch Of Silence, primo singolo estratto dal loro disco Innocent Awareness, è il vertice dell’album, vessillo nero posto sulla vetta di un mondo alla deriva, raccontato da 11 tracce nelle quali emerge un malessere che diviene catartico. Il vuoto dell’animo raccontato nei testi racchiude la percezione di un luogo ancora assente, di uno spazio interiore ancora da colmare. Questione di spazi, interiori ma anche fisici. Spazi mancanti. A Teramo come in Abruzzo. Massimo questo lo sa bene. “Sono entrato a far parte del progetto Christine Plays Viola da ormai due anni, e in questo arco di tempo abbiamo suonato più fuori dal nostro territorio, in molti casi raccogliendo consensi, che in casa nostra. Personalmente credo che nella nostra regione, e a Teramo in particolare, ci sia una ottima cultura musicale ‘di un certo tipo’ (si legga ‘underground’), ma che questa venga troppo spesso soffocata dai soliti circuiti, restii a concedere spazio ad una cultura alternativa che è comunque presente e ha una sua identità ben defi nita. Sarebbe opportuno che nella nostra città in particolar modo sorgesse un’ associazione culturale parallela a quelle valide già esistenti, che però riuscisse a dare voce a tutti coloro che vivono la musica in modo diverso. La pluralità culturale diverrebbe certamente uno stimolo di crescita. Per questo rivolgo un appello a tutti coloro che a Teramo e in Abruzzo suonano una musica che si discosta chiaramente dagli schemi di pura accademia predominanti: è ora di prenderci i nostri spazi, la situazione attuale è avvilente. Facciamoci avanti”.