di Angela Casilli
Il dopo Berlusconi, è il centro-destra da lui fondato che ora vive di vita propria : questa è la sua eredità politica, ma come sempre accade per i partiti carismatici, dove l’eredità politica dei fondatori non tarda a sgretolarsi, difficilmente Forza Italia potrà vivere ancora a lungo dopo la scomparsa del suo fondatore.
La vittoria schiacciante riportata dal partito in Molise, si spiega come un successo ottenuto più sull’onda emotiva di quanto avvenuto qualche settimana fa, che su un’effettiva idea di cambiamento. Certo i prossimi appuntamenti elettorali saranno un test importante per Forza Italia ma, anche se in politica l’istinto di sopravvivenza è forte, le divisioni tra i dirigenti del partito non tarderanno ad emergere e si rifletteranno sull’azione di governo, rendendo ancora più faticose le mediazioni e le negoziazioni all’interno dell’esecutivo e dei gruppi parlamentari.
Per comprendere meglio se il post- berlusconismo inciderà sulla politica del nostro Paese, basterà seguire attentamente l’iter parlamentare della riforma della giustizia, fortemente voluta dal ministro Carlo Nordio.
L’abolizione del reato di abuso d’ufficio, più volte auspicata anche dagli amministratori locali della sinistra, come anche la stretta sulla pubblicazione delle intercettazioni, vedrà l’opposizione già debole e divisa, dividersi ancor di più al suo interno, non potendo più utilizzare l’arma delle leggi “ ad personam”, come ha fatto nel passato, perché non più credibile, a maggior ragione se si arriverà alla separazione delle carriere fra giudici e pubblici ministeri. Certo il conservatorismo della Meloni non è quello del Berlusconi che abbiamo conosciuto dopo la sua discesa in politica nel 1994, la fase più lunga del suo impegno politico, terminata con l’arrivo di Mario Monti nel 2011 al governo del Paese.
L’Italia vide nel lungo periodo berlusconiano al governo, una polarizzazione politica così profonda, radicale e feroce, come non si vedeva dagli anni cinquanta con lo scontro tra comunisti e anticomunisti. Ci fu chi aderì con entusiasmo alla sua “discesa in campo” e chi lo odiò profondamente, perché non difendeva gli interessi dell’Italia ma quelli del suo impero mediatico e, a dir il vero, non si può parlare di successi della sua politica perché questi non ci furono e la “ rivoluzione liberale” che lui auspicava, rimase solo uno slogan, perché alle parole non seguirono i fatti.
Come già detto, Berlusconi era odiato da una buona parte degli italiani fin dagli anni ottanta, molto prima che scendesse in politica, perché in un Paese come il nostro, dove non mancavano mentalità e caratteristiche da socialismo reale, l’inventore della televisione commerciale, aveva sfidato con successo il monopolio statale e partitico della comunicazione televisiva.
Quello della Meloni è un conservatorismo completamente diverso, comunitario, privo di carica eversiva, rispettoso delle tradizioni politico-culturali del Paese che governa, lontano più che mai da qualsiasi polarizzazione radicale e profonda come quella conosciuta negli anni berlusconiani.
La partita più delicata per la Meloni sarà quella che si svolgerà in Europa con il P.N.R.R. e l’approvazione del Mes, rinviata a settembre, test utilissimo a capire la forza del suo governo, a livello europeo.