di Mira Carpineta
Grandi cambiamenti o semplice turn over? Come stanno mutando i palinsesti tv.
L’estate 2023 porta con sé, oltre ai soliti tormentoni politici e canori, un inconsueto movimento nei palinsesti televisivi di Rai e Mediaset. Orfani del Cavaliere e temendo il consueto spoil system che inevitabilmente si manifesta ad ogni cambio dell’assetto politico, i salotti mediatici, tutti, si trovano a dover ripensare programmi secolari che le nuove generazioni manageriali trovano evidentemente obsoleti. Dalla Rai a Mediaset sono diversi i personaggi istituzionalizzati da decenni di presenze che anticipano o subiscono i mutamenti dei palinsesti.
Tutto ebbe inizio con la plateale uscita di scena della premiata ditta Fazio-Littizzetto che “dopo 40 anni” avvertiva la necessità di “provare” altri milionari contesti dove perpetuare liturgie domenicali. Poi fu la volta di Lucia Annunziata che alla verde età di 72 anni rassegnò le sue “dimissioni dalla Rai per insormontabili divergenze” con il Governo in carica.
All’indomani della scomparsa del creatore di Mediaset un’affranta Barbara D’Urso annunciava la sua repentina, e a quanto pare non consensuale, esclusione dagli studi del biscione, seguita subito dopo da altre vittime illustri del nuovo corso post berlusconiano.
Per quanto riguarda la Rai, ad un primo superficiale sguardo, gli auto eliminatisi protagonisti, più che di dimissioni dovrebbero parlare di pensione, ma concedendo il beneficio d’inventario, e accogliendo le motivazioni addotte, più che vittime del governo in carica sembrano soffrire di vedovanza dei governi passati, quando, evidentemente, godevano ( ed esternavano?) di empatie e comunione d’intenti.
D’altro genere sembra essere il disagio che ha condotto anche Bianca Berlinguer, dopo soli 34 anni, a separarsi da Mamma Rai. Sembra infatti che l’Infanta Bianca poco tollerasse, al contrario, le ingerenze delle varie sinistre avvicendatesi negli anni e con un bel salto carpiato, per fugare qualsiasi dubbio sulla sua posizione idealistica, ha preferito traslocare, con annessi e connessi, proprio a Mediaset, accolta a braccia aperte dal giovane erede.
Anche La7 di Urbano Cario (che tra l’altro ha mosso i primi passi editoriali proprio con Berlusconi) perde qualche “pezzo” forte in quest’aria che tira sugli sgabelli da talk show, con la bionda e raffinata Mirta Merlino che approda finalmente sulla rete nazionale.
E mentre la campagna acquisti e vendite prosegue, i social e i giornali si riempiono di commenti e si pontifica, come sempre avviene in Italia sulle recondite strategie in ogni sede. Concordo con il pensiero (e le parole) di Enrico Mentana, l’unico, pare, a non trovare nulla di strano in questi arrivi e partenze, perché nel campo della tv pubblica, lo spoil system, appunto è una prassi voluta, perseguita e istituzionalizzata da tutti i partiti, nessuno escluso.
Quando sarebbe bastato, per citarlo, “ un rigo sulla legge che regola la televisione pubblica, in cui si dice che la televisione di Stato deve essere libera dalle ingerenze politiche”. Ma nessuno lo ha mai scritto quel rigo e quindi non dovrebbe stupire, se oggi, chi governa volesse esercitare la sua prerogativa. Altro discorso, ma sempre simile, per quanto riguarda le tv commerciali, che per Dna hanno il mercato. Un mercato che muta velocemente, che è sempre più all’inseguimento dei nuovi social, delle nuove tecnologie, dei nuovi gusti di un pubblico sempre più digitale, sempre più vorace di contenuti volatili.
Barbara D’Urso è sempre stata identificata con una tv cosiddetta trash, spazzatura, per l’impronta data alle sue trasmissioni, gli atteggiamenti poco culturali ( per usare un eufemismo), ma non credo sia questo il suo peccato. Perché le nuove piattaforme grondano anch’esse di spazzatura, con gli improvvisati e multiformi creator, a cui una geniale, intuitiva biondina milanese, ha spalancato l’universo del multiverso.
Forse è semplicemente un fisiologico ricambio generazionale, di una cultura televisiva che è ormai lontana anni luce dalla generazione Z.
In Rai sono ormai decenni che si produce revival o ennesime rivisitazioni da avanspettacolo: Carlo Conti è il Ministro dell’Archivio delle Teche, dei Ricordi e delle Riproposte, mentre la Carlucci è la Vestale del Ministero della “Corrida” con i suoi variopinti e a spesso grotteschi dilettanti allo sbaraglio, e non solo tra i concorrenti. Insomma niente di nuovo sotto il sole, un mondo vecchio che declina contro un mondo nuovo che non sgomita per prenderne il posto, perché quel posto se lo è creato da un’altra parte, senza ingerenze, senza filtri, senza regole. Non sono mondi in competizione, entrambi hanno i loro difetti, le loro cadute, i loro detrattori e i loro prefetti. È solo il meccanismo che è diverso, il mezzo, la tecnologia.
L’unico punto fermo, infrangibile, per fortuna, è Alberto Angela che riesce a conciliare entrambi i mondi, selezionando qualità e contenuti altissimi eppure sempre seducenti.