L’avere un figlio che vive e lavora in Giappone mi ha dato e, ringraziando Iddio, continua a darmi, la possibilità di un viaggio, di norma annuale, in Oriente. Ecco, allora, l’ occasione di una particolare corrispondenza dall’estero, per i lettori di Prima Pagina, chiaramente precisando che, dovendo rispettare un ideale limite di spazio, si tratterà solo di qualche flash. Impressioni e/o riflessioni di un teramano che ama osservare, conoscere e – se possibile- dare uno ‘sguardo dietro la facciata’. Un improponibile parallelo con la nostra realtà italiana (teramana in particolare), scrivendo a ‘ruota libera’ su ciò che maggiormente mi ha colpito.Una prima curiosità: perché si dice “orientarsi”? Perché… tutto comincia dall’est (saggezza orientale), appunto. La prima impressione, lungo le strade, è data dalla totale assenza di qualsiasi buca o irregolarità nel fondo stradale, sia nelle arterie
principali sia in quelle secondarie, quasi minuscole.Per terra (nota dolente per noi italiani) non c’è letteralmente un solo pezzetto di carta! Nel loro Dna non esiste un margine per compiere un gesto così disdicevole. Anche per starnutire si mettono da parte e portano la mascherina – se sono raffreddati – per rispetto degli altri.Di brutto, esteticamente, c’è che, alzando lo sguardo, si resta colpiti da una miriade di fili (elettrici e telefonici), tutti in alto e all’aperto per ragioni di sicurezza a causa dei frequenti terremoti.Per le strade le auto vanno piano (fuori città la velocità massima consentita è di 80 km orari, anche in moltissime superstrade a due o tre corsie per senso di marcia.. È praticamente impossibile vedere in giro macchine tamponate o soltanto ammaccate. Se accade, non si va in giro, evidentemente! E, poi, sono tutte pulite.Un’altra caratteristica “locale” e’data dalla possibilita’ per i residenti di personalizzare la targa, scegliendo cioe’ un ‘proprio’ numero es. Con tanti 7 o 8 numeri fortunati.I pedoni, invece, corrono sempre. Con i loro passetti frequenti e quel senso, quasi tangibile, di far presto e bene, perché questo è il loro dovere. Ovviamente, tutti attraversano solo sulle strisce pedonali o con il semaforo verde.Non si parcheggia lungo le strade. Infatti, tranne limitatissime eccezioni, è severamente vietato fermarsi lungo le corsie stradali. Se necessario, lo si può fare negli spazi di fronte ad esercizi commerciali o nei parcheggi pubblici. È appena il caso di far presente che ci sono numerosissimi silos ove parcheggiare anche per meno di un’ora Se si acquista un’auto bisogna dimostrare di avere un proprio parcheggio (o dove si affitta un postoauto).Altro aspetto, all’apparenza incredibile, è dato dal fatto che – tranne che al centro di Tokjo e di Kyoto, antica e bella capitale – in Giappone le strade non sono denominate. Eppure la posta viene distribuita regolarmente! L’ovvio interesse a comprendere mi ha fatto scoprire che applicano un sistema, forse arcaico all’apparenza, ma evidentemente funzionale, di divisione della città per quartieri. Questi, a loro volta, per aree con precisi punti di riferimento e una serie di numeri per l’individuazione della sottozona, via e civico finale. Anche la corrispondenza, qui, viaggia sempre e con puntualità incredibile. Un esempio. Premesso che in Giappone, se si vuole spedire un pacco è possibile farlo 24H/24H – senza alcuna eccezione per festività – a fine anno ci sono assunzioni straordinarie di pensionati (per 3 o 4 settimane al massimo) perché gli auguri per il nuovo anno devono essere recapitati tassativamente il 1° gennaio. Le persone sono sempre cortesi. Spesso sorridono. Come è stato rilevato, il comportamento dei giapponesi è molto formale, al punto che può venire il dubbio che ci sia qualcosa di falso. Non mi è sembrato proprio così, e poi spero si possa essere d’accordo con me : un sorriso non guasta mai e fa piacere!
E’ difficile che i giapponesi stringano amicizia profonda – anche tra di loro -, ma sono portati alla solidarietà anche per piccole cose. Se un giapponese cambia casa è tenuto a una semplice “cerimonia di contatto” con chi abita nelle vicinanze della nuova residenza, offrendo dolci o regalini simbolici, come cortesia, ma ottenendo un concreto aiuto da tutti i colleghi di lavoro nel trasferirsi e sistemarsi nella nuova casa.Che è essenzialmente di due soli tipi. O un appartamento in un grattacielo – di solito realizzato al centro delle principali città o nelle nuove realtà direzionali – o una “villetta” monofamiliare.In verita’ ci sono pure brutti edifici a 8-10 piani, direi anonimi. I grattacieli, rigorosamente e veramente antisismici, sono realizzati con tecnologia ultramoderna. Le “villette” sono realtà minimaliste, di non più di 50 mq . Lo spazio maggiore è ‘ l’area bagno/servizi’, con ambienti separati.I giapponesi usano farsi la doccia per poi rilassarsi in vasca da bagno. Tale “operazione” occupa un tempo lunghissimo, tutte le sere, e va avanti fino a tardi, a scapito del sonno. Il resto della casa ha l’essenziale. Pochissimi mobili, rari i “soprammobili”, una microcucina – di norma un piano cottura con al massimo tre fuochi-, la stanza da letto col ‘fouton’ (materasso molto basso poggiato sul pavimento). E’ alquanto facile adagiarvisi, non altrettanto alzarsi, specie per chi non è… smilzo!Per mia fortuna in Giappone sono ospitato da mio figlio che (buon sangue non mente) ha una casa – sotto tutti i profili – molto all’italiana. Il mangiare tutto sommato e’ buono, specie per il vero sushi o per la tempura (frittura). I trasporti risultano di un’efficienza e puntualità da mortificare tutte le “alta velocita’” nostrane; la sanità, onerosa ma valida, ha rimedi sempre light; la moda (tranne i giovanissimi molto “occidentalizzati”) con le signore di qualsiasi età sempre curatissime, in ogni dettaglio, e gli uomini con scarpe sempre lucidissime, senza un granello di polvere. Svilupperò – al rientro in Italia – questi ed altri argomenti sul mio sito(www.quiteramo.it).Un arrivederci a presto, permettendomi ricordare che se è bello ed interessante viaggiare, è tuttavia importante conoscere bene e valorizzare quello che di buono e di valido si ha nella propria città. di Ropel