ROMA 15 dicembre 2024 – Presso lo studio della nota pittrice Eugenia Serafini, si è svolto il primo incontro dell’evento Omaggio all’ ABRUZZO nell’ambito del Progetto IGRANDIDIALOGHINELWEB. Poeti e pittori insieme per raccontare le bellezze delle città d’arte italiane a cura di Anna Manna, ideatrice del Progetto che dichiara: “Pomeriggio piacevolissimo nell’atelier di Eugenia Serafini. Incontro molto dolce, d’atmosfera. Mi ricorderò di questo pomeriggio con Poeti e Pittori così vicini da confondersi. Almeno nell’anima. Forse la poesia compie questi miracoli, così i colori hanno dipinto nell’aria un volo d’angeli che supera i dolori, l’angoscia della guerra, le paure”.
Ma è anche Natale a via dei Marsi 11, dove i Dodici Poeti hanno lanciato i loro versi come stelle comete:
Liliana Biondi, con la sua poesia dedicata a Tocco Da Casauria, seguita da Mario Narducci, Daniela Fabrizi e tutti gli altri gruppi che hanno dedicato i loro versi allo scrittore Gennaro Manna.
“Ma oggi c’era un respiro di festa, ci sentivamo tutti a Tocco Casauria, al suo bellissimo mercatino di Natale. A ritrovare i sogni dell’infanzia, le statuine del presepe, il muschio profumato di natura” – ha aggiunto Anna Manna.
Liliana Biondi è stata la protagonista della serata con la sua verve, la sua competenza letteraria, il suo charme che hanno reso ancora più caloroso l’incontro, alla presenza di altri importanti poeti inseriti nel progetto come Daniela Fabrizi.
E’ stata sua la scelta della vincitrice per il lancio del Premio Speciale riservato ai Grandi incontri d’arte, su cui ha dichiarato: “Sono molto felice e fiera di aver proposto Maria Giovanna Narducci! Bravissima, seria, riservata. Un’artista che merita molto. Sebbene non fosse nota, è un’artista che, come molte donne di valore, sposate e con famiglia, spesso sanno dare il meglio di se, quando i figli sono cresciuti. Ringrazio Si è respirata un’atmosfera di inesprimibile levità.
Nella motivazione del premio a Maria Giovanna Narducci, fatta con grande slancio da Liliana Biondi:
“Maria Giovanna Narducci, nasce nel 1974 ad Urbino, dove si è diplomata in Decorazione presso l’Accademia di Belle Arti. Negli anni accademici ha conosciuto e frequentato tra gli artisti-insegnanti Fabio Mauri e Giuseppe Pulvirenti. Il desiderio di sperimentazione artistica l’ha portata a frequentare a Jesi, un corso di Restauro di Opere d’Arte Moderna, sotto la guida di Elio Marchegiani e del critico d’Arte Umberto Palestini, lavorando su opere d’arte cinetica. Tornata all’Aquila ha conseguito la Specializzazione in Beni Storico-Artistici nell’Accademia Artistica di città e ha lavorato per molto tempo come Restauratrice. È docente di Disegno e Storia dell’Arte presso il Liceo Scientifico Statale “A. Bafile” dell’Aquila. Ha partecipato a mostre collettive in diverse città: Nativo (RI), San Vito Chietino, Ortona, (CH) Navelli, L’Aquila, città in cui ha tenuto anche una Mostra personale presso il Palazzetto dei Nobili, intitolata «Sesto senso». Aderendo all’arte del ’900, caratterizzata dalla compresenza di ricerche e tecniche artistiche varie, con attenzione particolare sulla capacità di utilizzo di materiali effimeri, Maria Giovanna Narducci ha scelto di assemblare elementi materici quali tela di iuta, spago, cera, fili d’oro e pittura, per ripercorrere un viaggio temporale di ricerca che si focalizza sul significato antropologico del filo e dei sui legami, intesi come attaccamento alla vita. Prendendo spunto dal libro di Gilbert Durand Le strutture antropologiche dell’immaginario, l’artista si è interessata alla ricostruzione dei collegamenti possibili tra quelli che sono in generale gli archetipi del femminile e gli archetipi del legame. Questa ricerca ha prodotto connessioni con la capigliatura femminile, l’acqua che scorre, le dee lunari, le lunazioni fino ad arrivare al sangue mestruale. Letture sul folklore, il mito e il rito, raccontano sempre del mondo del femminile, nella su accezione positiva o negativa, rivestendo il ruolo di madre o strega. Come emerge da alcune letture fatte, il ventre femminile è considerato l’abisso, l’otre dei vizi, la perdizione dell’uomo dovuta al fascino femminile. Ma come suggerisce la tradizione cristiana, se Eva rappresenta il peccato, Maria, in contrapposizione è il ventre che partorisce, senza peccare, l’Assoluto, Dio, ed è colei che schiaccia il serpente, il peccato, affidando pertanto alla donna il potere disconfiggere il male. L’uroboro, l’immagine del serpente che si morde la coda, è l’archetipo femminile per eccellenza, è la dialettica materiale della vita e della morte. La morte che esce dalla vita e la vita che esce dalla morte. Infine, nelle “Miniature” Maria Giovanna tesse il destino dell’uomo e la speranza del divenire. Nell’utilizzo del filo d’oro nelle sue miniature, c’è l’intento di riproporre il messaggio delle icone bizantine, le cui foglie e i grandi fondi blu dovevano avvicinare direttamente e in una sola direzione “ascensionale” l’uomo a Dio. La femminilità diviene così positiva e non più negativa, proponendo il futuro e la speranza contro il peccato e la morte. Il filo, usato nei suoi quadri, contiene in sé proprio il significato degli attaccamenti, dei legami che, attraverso il suo dipanarsi, rimanda alla capigliatura femminile, all’onda del tempo senza ritorno, al ciclo lunare, al sangue mestruale, portatore di vita.”