Non sarà sfuggita al lettore di questa rubrica la recente inusuale attenzione dei media per la fisica e l’astrofisica. L’esperimento Opera ha scosso le nostre ordinarie esistenze annunciando di aver scoperto che i neutrini possono viaggiare a velocità superiori a quella della luce. Il pensiero corre al povero vecchio
Superman, unico viaggiatore superluminale finora accreditato. Diversamente dal kriptoniano, il neutrino è una particella elementare di massa piccolissima e priva di carica elettrica. Il suo buffo nome fu inventato da Enrico Fermi, che insieme a Wolfgang Pauli ne ipotizzò l’esistenza per salvare la legge di conservazione dell’energia apparentemente violata dai decadimenti dei nuclei radioattivi. La principale caratteristica del neutrino è l’inafferrabilità. Non sente, infatti, la forza elettromagnetica e quella nucleare forte, mentre interagisce solo debolmente con la materia. Ogni secondo della nostra vita, siamo attraversati da alcune decine di miliardi di neutrini prodotti dal Sole, ma non ce ne accorgiamo. Per lo stesso motivo, non è necessario costruire un tunnel per far passare i neutrini in transito da Ginevra al Gran Sasso, perché la crosta terrestre è trasparente, per queste inafferrabili particelle, come il vetro lo è per l luce. Opera è un esperimento concettualmente semplice; sfrutta infatti lo stesso metodo impiegato dai tutor per misurare la velocità delle automobili sulle autostrade . In pratica, si tratta di misurare la distanza tra il Cern (dove sono prodotti i neutrini) e il laboratorio INFN del Gran Sasso e il tempo impiegato dai neutrini a percorrerla. Dividendo la distanza per il tempo si ha la velocità. La diffi coltà sta tutta nella enorme precisione con cui bisogna effettuare le due misure di tempo e spazio. Per essere sicuri della velocità di questi mini-Superman, occorrono orologi sincronizzati al nanosecondo (il tempo di volo è di appena 2,4 millesimi di secondo) e “righelli” in grado di apprezzare differenze di qualche centimetri (su circa 700 Km). Gli autori della misura sono convinti di esserci riusciti. Le implicazioni per la nostra comprensione del mondo fi sico potrebbero essere enormi. Non si tratta, come qualcuno ha avventatamente affermato, della dimostrazione che la teoria della relatività è sbagliata. Se la misura di Opera fosse confermata, il neutrino superluminale ci potrebbe indicare la strada per sviluppare una teoria superiore che incorpori, come suo caso limite, la stessa teoria di Einstein. Come sempre accade in questi casi, gli scettici non mancano. Nel febbraio del 1987, diversi esperimenti osservarono il fl usso di neutrini prodotti da una supernova esplosa nella Grande Nube di Magellano. Abbiamo già parlato in queste pagine di queste stelle che esplodono diventando in pochi secondi più brillanti dell’intera galassia che le ospita. Essendo oggetti molto lontani dalla Terra, la luce (e i neutrini) devono viaggiare per molto tempo prima di poter essere osservati. La supernova in questione (nota come Sn 1987A) esplose circa 100 mila anni fa. Se i neutrini avessero viaggiato più velocemente della luce, come suggerito dalle misure di Opera, sarebbero dovuti giungere a terra anni prima della luce emessa dalla stessa supernova. Un rompicapo che può avere molte possibili soluzioni. E’ possibile che almeno uno dei due risultati sia sbagliato. Ma se entrambi gli esperimenti sono corretti, allora i neutrini prodotti al Cern potrebbero essere diversi da quelli prodotti dalle supernove. Scoprire in cosa consistano queste differenze potrebbe essere la chiave per capire fi nalmente le leggi fi siche che controllano gli strani comportamenti di queste particelle Che i neutrini fossero particelle con proprietà curiose lo si sapeva da tempo. Negli anni settanta un esperimento effettuato da Ray Davis in una miniera a Homestake negli Usa misurò per la prima volta il fl usso di neutrini provenienti dal sole e concluse che ne giungevano a terra molti meno di quanti dovevamo aspettarcene (circa un terzo). Il mistero fu spiegato da un ex “ragazzo” di via Panisperna, Bruno Pontecorvo, che ipotizzò la cosiddetta oscillazione di “sapore” dei neutrini. In pratica, i neutrini elettronici (il tipo prodotto dalle reazioni nucleari che del sole) si possono trasformare cambiando alcune loro proprietà. Opera era stato progettato proprio per verifi care questa curiosa attitudine dei neutrini. Si è invece imbattuto in un’altra stranezza. Sole, supernove, neutrini; da quanto si è detto si capisce quanto la fi sica e l’astrofi sica siano in realtà due facce della stessa medaglia. Proprio dalle supernove è arrivato il Nobel della fi sica 2011, assegnato ai tre astronomi che hanno studiato le supernove di tipo Ia, portando alla luce un fatto strabiliante e inaspettato: negli ultimi 6-7 miliardi di anni l’espansione dell’Universo è accelerata, nel senso che oggi le galassie si allontanano le une dalle altre a velocità maggiore che nel passato. Questo fatto implica l’esistenza di una forma di energia ignota (la Dark Energy o energia oscura) che si oppone all’azione frenante della gravità e sostiene l’accelerazione dell’espansione. L’energia oscura pervade tutto lo spazio, anche quello intorno a noi. Come per i neutrini del Sole, non percepiamo la sua presenza, ma senza di essa non sarebbe possibile comprendere la dinamica dell’Universo che ha determinato la formazione delle galassie e la nascita delle stelle e dei pianeti. Tra essi, il nostro sistema solare e la terra, dove si sono verifi cate condizioni favorevoli per lo sviluppo della vita, dalle prime forme elementari fi no a quelle complesse dell’odierna biodiversità. Comprendere l’energia oscura o i neutrini e i loro rispettivi ruoli nella dinamicauniversale può quindi anche aiutare a capire quello che noi stessi rappresentiamo nel complesso sistema della natura. A questo devono aver pensato i membri dell’accademia delle scienze svedese quando hanno premiato gli esimi colleghi astronomi.