GLI ANNI DEL MAGNIFICO

Attraversiamo un pezzo di storia di Teramo con i coprotagonisti della vita pubblica di Luciano Russi, il Rettore dell’Università scomparso a giugno russiE’ stato il primo Magnifico di Teramo. Non il primo Rettore (era stato Paolo Benvenuti), ma il primo vero “Magnifico” si. Luciano Russi,  nato a Cappelle sul Tavo, scomparso a giugno a 65 anni, è stato il Rettore Magnifico dell’Università degli Studi di Teramo dal 1994 al 2005. Il primo vero Rettore (l’altro rimase in carica pochi mesi e forse in città, a Teramo, non è mai “sceso”) della libera università. Libera dalla D’Annunzio di Chieti e L’Aquila. L’arrivo di Russi a Teramo ha coinciso con una serie di cambiamenti, di evoluzioni che avevano portato aria nuova e avevano lasciato

intravedere un futuro buono per la città. Naturalmente non si trattava di coincidenze, ma di un momento di modernizzazione cui persino la vecchia Teramo non poteva sottrarsi. Era sindaco un uomo di esperienza politica ma giovane di età, quando l’università aprì: era Antonio Gatti, agli sgoccioli del mandato, eletto con la vecchia legge ma già in “odore” di rinnovamento. Gatti ricorda Russi come un uomo “che guardava lontano, capace di vendere bene anche il suo impegno. Era un politico, si sapeva muovere, è stato un Rettore attivissimo. Voleva e ottenne una università legata al territorio, con una visibilità pubblica. Ebbe un atteggiamento immediato di grande collaborazione, peraltro ricambiato, con me. Io poi – ricorda l’ex sindaco di Teramo –  me ne sono andato ma ho avuto a lungo modo di vederlo da dentro, da docente universitario (insegna a Veterinaria ndr). C’era sempre, si faceva benvolere, veniva spesso da noi in facoltà. Curava la persona nel suo insieme, dava grande importanza all’aspetto sociale”.  Con l’applicazione della legge sull’elezione diretta di sindaco e presidente della Provincia ecco che il quadro evolve a favore di rapporti improntati sulla capacità decisionale e gli interlocutori del “Magnifico” diventano il sindaco di Teramo di centro sinistra (parte politica peraltro condivisa da Russi) Angelo Sperandio e il presidente (ancora di centro sinistra) della Provincia, Claudio Ruffini. Sono gli anni delle cose da fare, delle rivendicazioni da parte di Russi che non ritiene mai sufficiente quello che la città da all’università, del confronto serrato con Sperandio, che vuole risolvere i problemi nell’interesse di tutti ma certo non vuole prescindere dalla centralità del capoluogo. E sono gli anni di Ruffini, eterno mediatore tra i due, pronto a sistemare le conseguenze di qualche intemperanza, più disposto, rispetto a Sperandio, a riconoscere ruolo al Magnifico in quanto davvero “Magnifico”, ma anche costantemente proiettato alla crescita del territorio, interessato a lasciare segni forti, a marcare attraverso acquisizioni, aperture di nuove sedi e inaugurazioni di costruzioni, una cultura e una conoscenza che servono, che creano reddito, occupazione, posti di lavoro, immagine politica. Sono gli anni in cui Comune e Provincia trattano a lungo con l’università “e alla fine comprammo – scandisce Ruffini – il terreno per la costruzione del Polo”. Ruffini va a pranzo spesso con Russi (“andavamo sempre al Garden, che oggi non c’è più”) e si gode il Magnifico che gli mostra l’aspetto più privato, quello umano, della passione del calcio (Russi fu presidente del Castel di Sangro), dell’apprezzamento per la vita, la cucina, anche la bellezza femminile. Ruffini però va anche spesso a pranzo con Sperandio (“con Angelo andavamo sempre alle 7 Vergini”) e il discorso gira gira finisce sempre su Russi. “Gli dicevo: Angelo, sono baroni, sono fatti così, non ti arrabbiare”. Ma Sperandio non si arrabbiava, si arrabbia oggi a sentirlo dire. “Io sono stato felice del rapporto che ho avuto con Russi. Noi avevamo caratteristiche molto simili e andavamo nella stessa direzione, lui era un po’ come me, voleva fare. Noi abbiamo fatto cose reali, insieme. Abbiamo trovato soluzioni, abbiamo costruito, creato, abbiamo dato vita a cose che restano. L’università non aveva spazi e io mi presi la responsabilità di chiudere una scuola media, la Molinari, e di dargliela in comodato gratuito. L’area per Agraria e Veterinaria (il polo di cui parla sopra Ruffini ndr) gliel’ho trovata io e Russi ne fu entusiasta. Certo, gli ripetevo che un’università non può essere frammentata e che aprire sedi in giro per la provincia non era l’ideale, anche perché gli studenti devono stare insieme, vivere negli stessi ambienti. Io volevo che tutto questo si facesse a Teramo. Lui ha costruito un pista su cui l’università oggi continua a vivere”. Era questo l’humus in cui a Teramo era “Magnifico” Luciano Russi, uomo alto, imponente, di fascino, considerato per convenzione “arrogante” e per convinzione colto. Era un uomo, per dirla con Gatti, capace di muoversi bene, di lumeggiare la figura dell’università di Teramo e la propria, orgoglioso di quel che sapeva e mostrava di saper fare, ma orgoglioso di quel che mostravano e sapevano fare dentro e fuori l’università gli studenti. Negli anni del “Magnifico” si susseguono iniziative di sport, cultura e spettacolo, oltre che accademiche. Alcune osannate, tante discusse: mai passate sotto silenzio. Non lo avrebbe mai consentito. Aveva il pallino per la comunicazione, il rettore Russi, che ha avuto uno dei primi veri uffici di Comunicazione d’Italia e che ha voluto a Teramo la facoltà di Scienze della Comunicazione. Aveva il pallino della Tv, della radio (l’università di Teramo ha avuto tv e radio). Un “Magnifico” in piena regola, con magnifiche piume di pavone. E una consuetudine molto meno nota, che per tanti resta la più importante: il giro a mensa, tra gli studenti, sempre, a guardarli, a salutarli uno a uno quando i loro sguardi incrociavano il suo. Per anni, anni e anni: gli anni del Magnifico. Franca Scagliarini