CRONACA DELL’APOCALISSE Centomila in fuga dall’inferno, 150 i morti. Circa 150 i morti, tra cui 12 bambini, numerosi i dispersi. Sei ragazzi estratti vivi dopo ore. Centomila gli sfollati. Sono le 3,32 del mattino. Il terremoto di magnitudo 5,8 gradi della scala Richter (pari all’ottavo-nono grado della scala Mercalli) che la
notte del 6 aprile colpisce e devasta l’Abruzzo spalanca in regione le porte dell’inferno. Alle sei del mattino comincia a venire la luce, si apre dal cielo per illuminare le lacrime. C’è un odore di terra marcia. E i rumori sono solo quelli delle macerie. A L’Aquila il sisma provoca il crollo della chiesa delle Anime Sante, nel centro storico e di parte della Casa dello Studente in via XX Settembre, dove decine di giovani sono rimasti intrappolati sotto le macerie. L’epicentro viene localizzato a una profondità di 5 chilometri, tra il capoluogo, Collimento e Villagrande. Almeno 15mila gli edifici danneggiati. Centinaia le chiamate giunte ai centralini dei vigili del fuoco, anche di persone anziane che, spaventate, non riescono ad uscire di casa e chiedono notizie sul sisma. Tutto questo mentre L’Aquila viene risucchiata nell’ apocalisse. Centinaia le persone in strada, accampate nelle piazze, nei parcheggi dei supermercati, nei campi sportivi. Per le strade, dopo il sisma, vagano come fantasmi giovani, donne e anziani. Sei i giovani estratti vivi dalle macerie dopo ore. Le ricerche proseguono per avere traccia di tanti altri rimasti intrappolati sotto le macerie. Si scava anche a mani nude. Sui luoghi devastati dal sisma Vigili del Fuoco, protezione civile e carabinieri. Tantissime le persone che a piedi lasciano la città. All’inizio di via XX settembre, a L’Aquila, accanto al palazzo dell’Anas, crolla una palazzina di tre piani degli anni ’50. I vigili del fuoco estraggono dalle macerie una donna ancora viva. Tre persone erano state estratte vive poco dopo la prima scossa, alle 3.32 del mattino. A Tempera, paese a 7 chilometri dall’Aquila, il sisma fa sei vittime. La chiesa è crollata, le case sono state sventrate. La provincia dell’Aquila era interessata da circa due mesi da un’attività sismica, anche se non si erano segnalati danni né a persone, né a cose. Fra le ultime scosse quella del 12 marzo, quando in tarda serata era stata registrata una scossa di magnitudo 2,9 con epicentro nella zona dell’Aquila, del 17 marzo, questa volta di magnitudo 3,6, e del 30 marzo sempre in provincia de L’Aquila con magnitudo di 4,0 gradi. E lo sciame sismico non si era fermato, con scosse anche nei giorni successivi, tanto da aver fatto chiudere alcune scuole nel capoluogo e dichiarati inagibili alcuni appartamenti. “E’ la peggiore tragedia di questo inizio di millennio”, ha detto il 7 aprile il capo della Protezione, civile, Guido Bertolaso. L’evento, ha spiegato, “è paragonabile, se non superiore, al terremoto che ha colpito in passato l’Umbria e le Marche”. Intanto, mentre si scavava tra le macerie, era già scoppiata la polemica su eventuali responsabilità. Una domanda si insinuava tra le macerie: il terremoto si poteva prevedere? Bertolaso ha detto che la zona colpita era stata indicata come una delle maggiori zone a rischio sismico del paese. E quindi, come tale, era sotto osservazione. Tuttavia “scientificamente nessuno al mondo è in grado di fare una previsione seria e attendibile di quando si verifica un terremoto”, ha detto all’agenzia Adnkronos Enzo Boschi, presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica e vulcanologia. E ora? La terra continua a tremare, l’incubo non è finito. Gli aquilani scampati al terremoto si dividono tra tendopoli, appartamenti di amici e familiari, strutture ricettive e alberghi. In attesa di tornare a condurre una vita normale. La provincia di Teramo li ha accolti senza battere ciglio. Generosità e coraggio segnano ora il percorso per rinascere a nuova vita.