Da diversi anni tra gli adolescenti imperversa la liceomania. Sembra quasi che tutti debbano andare al classico o allo scientifico, perché altrimenti nella vita non si è nessuno. Tale propensione rappresenta il frutto di una mentalità vetusta, secondo cui i licei sarebbero scuole élitarie, di serie A, e gli istituti tecnici e professionali scuole minori, rivolte a chi non ha poi tutta questa gran voglia di studiare. È un vecchio pregiudizio, figlio di Leibniz
, secondo il quale la cultura deve liberare dal lavoro, denigrando così il lavoro manuale, i laboratori, le offi cine, le botteghe artigiane, quelle che hanno reso l’Italia il secondo Paese manufatturiero dell’Unione Europea, dopo la Germania. Retaggio di una società che riservava la possibilità di accedere ai licei ai membri delle classi sociali più elevate, che consideravano questo percorso formativo obbligatorio, diretto successivamente agli studi universitari, mentre le classi più basse optavano per gli istituti professionali per l’urgenza di entrare nel mondo del lavoro.Questa concezione è destinata ad essere superata; nell’attuale momento di fortissima crisi occupazionale, che tocca qualsiasi ambito lavorativo, anche quelli un tempo considerati più prestigiosi, un istituto tecnico o professionale ben fatto, può offrire molte più interessanti opportunità rispetto ad un liceo. Il nostro paese è pieno di piccole e medie imprese sempre alla ricerca di manodopera specializzata, e in alcune zone la domanda di lavoro per queste fi gure professionali è molto alta, e di conseguenza gli stipendi. Bisogna allora riconoscere valorizzare le diverse forme di intelligenza e le personali attitudini e attribuire pari dignità a tutti gli indirizzi di studio ed a tutte le occupazioni, senza indulgere in quelle semplifi cazioni vagamente snob che continuano ancora ad essere diffuse perfino nei giudizi di presentazione di alcune scuole medie: i bravi ai licei, i meno bravi ai tecnici, e tutti gli altri ai professionali, a prescindere dagli effettivi talenti ed inclinazioni dei ragazzi. Prima Pagina si è rivolta ai presidi di due istituti d’istruzione superiore teramani, l’IIS “Alessandrini-Marino” e il Liceo Classico “Melchiorre Delfi co”. La dirigente scolastica Stefania Nardini, che da due anni guida l’IIS, di cui fanno parte IPSIA, ITIS ed il nuovo Istituto Tecnico Superiore Agroalimentare post-diploma, sottolinea l’importanza degli istituti professionali, che investono concretamente nel capitale umano e nella formazione dei giovani, ascoltando le richieste del mondo del lavoro; ci ribadisce che le famiglie continuano a preferire i licei, ma tiene a sottolineare che con le scuole tecniche i ragazzi sono preparati ad affrontare un percorso lavorativo, senza per questo compromettere una futura opzione universitaria. Loredana Di Giampaolo, dirigente scolastico del Liceo Ginnasio Melchiorre Delfico, che in passato ha diretto anche istituti tecnici, ci dice che oggi non c’è più la differenziazione tra homo faber e homo sapiens, nelle scuole superiori il biennio è uguale per tutti, nei licei c’è l’applicazione del sapere a lungo termine, mentre negli istituti tecnici e professionali è il fare lo strumento principale di acquisizione del sapere. La formazione, in qualsiasi indirizzo di studio, si basa innanzitutto su un fondamentale insegnamento, indispensabile per affrontare ogni difficoltà del futuro mondo del lavoro: “imparare ad imparare”. Il rispetto e lo sviluppo delle reali attitudini e passioni individuali costituiscono la migliore spinta per assicurare un sereno e proficuo percorso di studi e, in un secondo momento, per dedicare la propria vita ad un’occupazione dalla quale trarre reali soddisfazioni.