Siamo la generazione dei tre niente – spiega Stefano, cameriere ventiseienne, citando Michael Douglas nel sequel del film Wall Street –: niente lavoro, niente reddito, niente futuro. In gioco c’è la pelle nostra, quella dei giovani di tutte le età che si ritrovano a crescere nell’incertezza. Non credo che i provvedimenti presi possano sanare una ferita così grande”, si lamenta. E la sensazione generale è proprio quella di una forte disillusione,
di chi sa di dover rimboccarsi le maniche, pur avendo mille ostacoli da superare. E’ quello che dice Paolo, studente presso la Scuola di Musica Elettronica del Conservatorio dell’Aquila, di ventidue anni, per il quale “le prospettive di lavoro non sono altro che sogni che potrebbero diventare realtà. La musica non è un lavoro uffi ciale al di fuori della professione di insegnante privato o di Conservatorio, ne consegue che la carriera in questo campo è data più dal lavoro trovato autonomamente – concerti con gruppi vari – che dallo studio in sé per sé. Per la musica in Italia siamo ancora indietro”. Della stessa opinione è Arianna, commessa ventiseienne, che descrive lucidamente la situazione: “Ho notato che per i giovani è sempre più difficile realizzare ciò per cui hanno studiato o per cui si sentono portati. Quando si presentano ai colloqui di lavoro, se sono laureati si sentono rispondere che non hanno esperienza e che ‘costano’ troppo, se hanno esperienza, ma non un titolo, sono scartati a priori. Si ritrovano quindi a doversi accontentare di quel poco che trovano”. A concludere il discorso si pone Ignazio, studente al quarto anno di Medicina, che intende chiarire come “le prospettive al momento non sono di certo delle più rosee, ma la speranza è sempre l’ultima a morire. La possibilità di essere licenziati di punto in bianco e i contratti a tempo determinato sono punti molto tristi del panorama lavorativo, che interessano tutti quelli che vengono defi niti ‘esuberi’ o ‘precari’ di tutte le età. Noi giovani abbiamo tanta voglia di fare, ma spesso ci viene impedito!”