Due generazioni di “somministratori” a confronto: il primo -calmo e rifl essivo-lascia trasparire con nonchalance l’esperienza di famiglia. Prima il nonno, poi il padre, poi lui: è Andrea Beccaceci, titolare dell’omonimo e famosissimo ristorante di Giulianova; l’altra, giovanissima, grintosa e impulsiva, ma con una buona esperienza di corsi in tutta Italia, è Tania Bonolis, titolare de “Le vie del gusto” a Teramo. “Il ristorante è un momento di relax e convivialità” esordisce Andrea,
“ma è chiaro che in periodi di crisi si tagliano le spese meno necessarie. Bisogna stare attenti a non far lievitare i costi fissi, cercare di promuoversi, fare serate evento. L’imprenditorialità è ben diversa dall’avere un posto statale. Purtroppo la mentalità italiana fa sì che una volta presa la propria scrivania nella pubblica amministrazione si possa anche essere poco effi cienti, tanto lo stipendio arriva lo stesso. Quando si lavora autonomamente occorre qualità, competenza, studio, aggiornamento sulla giurisprudenza, conoscenza approfondita di ciò che si fa. Ho letto che un’impresa svedese, se venisse in Italia, fallirebbe dopo una settimana. E’ anche un problema di tassazione enorme; di certo l’evasione c’è e va contrastata, ma a Cortina è stata fatta una spettacolarizzazione fi ne a se stessa. Siamo quasi al regime di polizia fi scale. Se volevano l’effetto mediatico il fi ne è stato raggiunto, perché se la Finanza e l’Agenzia delle Entrate vogliono realmente verifi care i guadagni occorre controllare l’estratto conto, ragionare col metodo deduttivo. Va bene la regola, ma poi non può esserci disparità di trattamento”. Andrea Beccaceci racconta, a tal riguardo, un episodio che gli è capitato poco tempo fa: “Avevo la cucina a vista, ma la Asl, per una legge del 1983, mi ha detto che dovevo mettere una porta tra dove si preparano i piatti e la sala. L’ho fatto, ma ho anche chiesto se tali strettissime norme igieniche venissero rispettate nelle sagre o in chi prepara panini in mezzo alla strada. Mi è stato risposto gelidamente di presentare una denuncia in merito. Roba da non credere”. Tania è molto indaffarata, tanto da non ricordare l’appuntamento per l’intervista: “Oddio, è vero …”. Poco male, vuol dire che c’è lavoro: “Dopo una esperienza a L’Aquila – finita per colpa del terremoto- con mia zia, sempre nel campo della somministrazione, mi sono buttata in questa attività. E’ una passione, ma è molto faticoso stare tutto il giorno in cucina”; “E’ come fare una famiglia, prima ti sposi, poi fai i fi gli, ma se ti metti a pensare per tempo a tutto poi fi nisce che non fai nulla!” interviene la sua futura cognata Cinzia. “Lavoriamo bene a pranzo, tra bancari ed uffici; facciamo un buffet di verdure e dei primi – prosegue mentre prepara l’impasto per le pizze- ma niente self-service né congelatore. Qui è tutta roba fresca e genuina. Ci tengo a dirlo”. Quanto è sacrificata la vita di una giovanissima ristoratrice? “Non ne parliamo, mi faccio … –qui segue un’espressione facilmente intuibile- per poi ritrovarmi pochissimo in tasca. L’unico vizio che ho è una sigaretta ogni tanto, ma è un continuo susseguirsi di pagamenti: ogni tre mesi i contributi all’Inps, ogni mese un pesante affitto, le tasse, le bollette…Poi ci sono i rapporti professionali: ovviamente io sono debitrice di alcuni e creditrice di altri; spesso s’innesta un circolo vizioso per mancanza di liquidità”; “Inoltre i politici si fanno tanta pubblicità con i prestiti ai giovani imprenditori, ma l’erogazione reale la vedono in pochi.” interviene ancora una volta Cinzia “Certo, aprire una farmacia o fare il tabaccaio è meno stressante e rende di più!”. “Io riesco a cavarmela appena perché abito qui vicino, non uso la macchina, ma a fi ne mese non rimane poco lo stesso. Chissà cosa succederà tra un po’?”