Senatore Tancredi Le cronache politiche nazionali, negli ultimi tempi, sono monopolizzate dallo scontro tutto interno al Pdl tra il Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, e il Presidente della Camera, Gianfranco Fini. La rottura definitiva è andata in onda, in diretta televisiva, durante la Direzione Nazionale del Pdl, lo scorso 22 aprile: i due cofondatori del partito, l’uno contro l’altro, in una escalation di toni, parole ed accuse reciproche. Prima Pagina si è rivolta al senatore teramano
del Pdl, Paolo Tancredi, in Parlamento dal 2008, per avere una chiave di lettura privilegiata su quanto sta accadendo all’interno del primo partito d’Italia.Senatore Tancredi, cosa c’è dietro alla crisi di rapporti tra Berlusconi e Fini? Una reale diversità di vedute sulla conduzione del partito o mera ambizione personale?
“Va detto subito che questo scontro non è un fulmine a ciel sereno. L’insofferenza di Fini dura ormai da diversi anni: nel 2006, durante la campagna elettorale, emerse già il dissenso che poi si è verificato nei due anni successivi di opposizione. Quando Berlusconi, con il discorso del predellino, fondò il Pdl, Fini fece un rapido calcolo politico e capì che gli conveniva starci. I continui distinguo dell’ultimo periodo del Presidente della Camera nascono esclusivamente da un’insofferenza personale”
Ma all’interno del Pdl c’è reale possibilità di confronto e di discussione o tutte le decisioni sono demandate al leader?
“Fini si è presentato in Direzione Nazionale chiedendo maggior dibattito interno ma tutti noi lo vogliamo. Il Pdl è un partito che si deve strutturare, non ci sono dubbi, ma è pur vero che siamo un partito dirigista e non possiamo cambiare all’improvviso. Bisogna prendere atto che la democrazia, dal 1992 ad oggi, è cambiata: dalla democrazia dei partiti siamo passati alla democrazia del popolo. L’elettore sceglie un leader e lo segue. Non è possibile avere nostalgia del passato, di quell’epoca in cui i partiti hanno imboccato la deriva della decadenza. Berlusconi non è un dittatore come molti lo dipingono e Fini non ha mai partecipato alle riunioni del partito o alla campagna elettorale, facendo solo da contrappunto all’azione del Governo”
Com’è l’atmosfera negli ambienti parlamentari del Pdl?
“La situazione è imbarazzante sia per l’elettorato sia per la classe dirigente, anche per quei politici legati a Fini. Certamente gli ex Forza Italia hanno molta più determinazione e rigore dello stesso Berlusconi ad andare fino in fondo. Il presidente, anzi, frena e media ma il clima è incerto. Alla Camera e al Senato ancora non c’è stato un passaggio in cui ci è stato chiesto di schierarci, ma la stragrande maggioranza sta con Berlusconi”
Fini lascerà il Pdl e, se questo succederà, cadrà il governo?
“Fini ha più volte assicurato che non farà alcuna scissione ma la maggioranza del partito vuol mettere le cose in chiaro. Sono d’accordo con Berlusconi quando dice che il Governo non potrà farsi indebolire dall’azione ai fianchi della minoranza interna per contrattare i voti in Parlamento. Se la componente minoritaria punterà alle elezioni, allora ci si andrà con qualcuno di meno”
Come si ripercuote lo scontro a livello locale? In Regione si avvertono queste tensioni?
“Nel Pdl abruzzese c’è un approfondimento da fare. Non vorrei che qualcuno possa pensare che stare con Fini significhi ricavarsi spazi autonomi, pur rimanendo dentro il partito, per rivendicare posti di potere. Su questo saremo assolutamente chiarissimi. A livello istituzionale, non ci sarà nessuna ripercussione sul Governo di Gianni Chiodi che ha i numeri per amministrare”