Intervista al dott. Renato Cerbo primario di neuropsichiatria infantile a Pescara
Pagine ricche di titoli di studio, attività professionali e didattiche, pubblicazioni, partecipazioni come relatore a corsi e seminari, come organizzatore di corsi e di congressi. La passione per la professione traspare dal suo sostanzioso curriculum, ma non solo… Con la gentilezza e la disponibilità che lo contraddistingue, mi accoglie nel suo studio e mi chiede: “Da dove cominciamo?”. Da lontano.
Un passato da cestista? Quasi non lo ricordo più! Quando qualche “vecchio” tifoso di Roseto mi ferma d’estate per chiedermi se faccio ancora qualche partitella, rimango stupito e mi viene da sorridere anche perché non riuscirei a fare due giri di campo. Questa è stata di certo un’esperienza basilare per i valori fondanti della mia identità futura: l’amicizia, la condivisione di obiettivi, l’altruismo e il sacrificio al servizio del bene comune. Dopo tanti anni è arrivato un traguardo importante con la nomina a primario di Neuropsichiatria Infantile, continuando il lavoro avviato da un suo collega e amico, teramano pure lui, scomparso prematuramente, Giuseppe Di Berardo… Già, il caro Peppino… Non ho mai dato molto importanza ai titoli ed alle targhe, mi interessa più il mandato che ho ricevuto dalla Direzione Generale di Pescara per sviluppare un servizio forte ed efficace per una città importante. E soprattutto dedicare un’attenzione tutta speciale all’infanzia e all’adolescenza. A lei si rivolgono famiglie in apprensione per i propri figli. Le richieste che mi pervengono sono fondamentalmente di due tipi. La prima di genitori di bambini che hanno già ricevuto una diagnosi, a volte di gravi disabilità come il ritardo mentale e l’autismo, e che chiedono un parere rispetto al percorso di trattamento che hanno intrapreso, consigli su come gestire la quotidianità, ed in particolare le problematiche comportamentali che possono essere particolarmente devastanti. Poi, ci sono i genitori di bambini che ancora non hanno una diagnosi, ma hanno sintomi spesso vaghi come le difficoltà di attenzione, di apprendimento, paure, timori immotivati, sintomi psicosomatici come stanchezza, difficoltà di addormentamento, mal di testa o di pancia, ecc. Oppure ragazzi che non studiano, disturbano in classe, non riescono a rendere nelle attività scolastiche e manifestano difficoltà nella relazione con i coetanei. In questi casi si tratta di ricollegare il sintomo, a volte apparentemente indecifrabile, con i significati e i vissuti personali in termini di eventi lontani, emozioni negative ancora presenti negli angoli nascosti della mente. Devo dire che è il lavoro che preferisco anche perché mi offre grandi soddisfazioni. Quali sono i disturbi più frequenti? E qual è la situazione nella nostra regione? Oggi si assiste ad un aumento vertiginoso di disturbi d’ansia, come fobie cioè paure immotivate, ansie acute con attacchi di panico, disturbi depressivi, ma anche disturbi alimentari e comportamentali che colpiscono quasi un bambino/ragazzo su cinque. Inoltre, si sta sempre più abbassando l’età nella quale compaiono i primi sintomi, forse a causa dell’eccessive stimolazioni che la società attuale fornisce attraverso i mass media ed internet. Si apprendono tante “nozioni”, si ha la sensazione e spesso la presunzione di sapere tanto anche più degli adulti, poi, però, non si ha alcuna maturità emotiva per affrontare la realtà che, peraltro, sta diventando sempre più complessa. Bisogna intercettare questo disagio diffuso, altrimenti si rischia che si possa avverare la previsione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che prevede nel 2050 una percentuale di disturbi psichiatrici altissima, nella popolazione in generale e nell’infanzia ed adolescenza in particolare. È fondamentale la diagnosi precoce, anche perché all’inizio del disagio si possono ottenere risultati sorprendenti, con una semplice consultazione da una specialista, esperto di neuropsichiatria infantile. Mentre quando i problemi si trascinano da anni anche terapie complesse, lunghe e ben condotte possono fallire. In merito alla nostra regione, ritengo che l’Abruzzo non sia diversa da tutte le altre regioni italiane, anche se non sono presenti metropoli e quindi non si rileva quel disagio o meglio, quel degrado sociale e culturale presente nelle periferie di grandi città come Roma o Napoli. Occorre aggiungere che la crisi economica attuale è una minaccia seria per molti ragazzi che sono stati abituati a tenori di vita medio – alti, anche un po’ viziati, se vogliamo dirla tutta. Un domani essi potrebbero essere molto frustrati dalle rinunce che dovranno fare, se noi adulti non saremo capaci di contenere e di indirizzare la loro sofferenza verso scopi sociali, evitando così la dissocialità e la delinquenza minorile ed adulta. Citava l’autismo, un disturbo molto complesso che si manifesta con gravità variabile da soggetto a soggetto, nei primi tre anni di vita. Nell’ultimo periodo, si è diffusa la convinzione che la somministrazione della vaccinazione trivalente anti morbillo, parotite e rosolia possa esserne una delle cause. L’argomento meriterebbe un trattato. Le cause dell’autismo sono a tutt’oggi sconosciute. Come evidenziato nelle recenti Linee Guida sui trattamenti dei disturbi dello spettro autistico nei bambini e negli adolescenti, dell’Istituto Superiore di Sanità, l’autismo è una patologia psichiatrica con un elevato tasso di ereditabilità. Non ci sono prove scientifiche suffi cienti per formulare una raccomandazione in merito ai vaccini come causa dei disturbi dello spettro autistico. Nel nostro territorio quali sono i rapporti tra servizi socio-sanitari, scuola, famiglia? In Abruzzo i servizi sociosanitari non sono adeguati per l’età evolutiva, e negli ultimi anni non si è investito, in termini economici, ma soprattutto di formazione ed aggiornamento del personale, nei consultori familiari che sembrano lasciati alla deriva, con operatori demotivati e stanchi forse anche per una scarsa attenzione da parte degli amministratori. A Teramo, poi, manca un servizio di Neuropsichiatria Infantile e le famiglie spesso non sanno a chi rivolgersi, se non nel privato. Lo stesso accade al personale della scuola, sul quale si riversa tutto il peso che le famiglie più deboli non riescono a sostenere. Talvolta si assiste, nei casi più problematici, ad un avvilente “scaricabarile” di responsabilità tra la famiglia e la scuola, quando poi la responsabilità è in primis nell’assenza di una vera rete di servizi sociosanitari per l’età evolutiva nella Asl di Teramo.