Uscito di scena il “Grande vecchio” della politica, arrivato il commissario su più fronti (dalla Tercas alla Confartigianato), dopo gli ultimatum di Monti e l’assedio ad oltranza di Equitalia, non c’è motivo per non girare pagina. Anche qui, nella nostra piccola grande patria. Dove Antonio Tancredi, da almeno 50 anni tessitore principe delle vicende cittadine, ha dettato a lungo le regole del
gioco. Ora “l’Onorevole” è uscito dalla ribalta, salutato da una gran massa di popolo. Segno che aveva più amici e avversari che nemici. Ora si pensa alla successione nella Banca di Teramo e non sarà impossibile. Più difficile si dimostrerà la ricerca di chi possa sostituirlo nella guida politica della sua sponda, con indiscussa capacità nel partorire iniziative e a portarle in porto. Da autentico realizzatore. Ma cosa faranno, ora, i suoi giovani eredi? Una ricerca recente della Coldiretti ci ha presentato una immagine della realtà. Il nostro è un Paese per vecchi. Dai dirigenti alle banche e ai vescovi, dai boiardi di Stato ai sindacati e ai ministri, dai politici ai manager. I veri giovanotti, in questo nostro strano Paese, hanno i capelli bianchi. E fino a ieri abbiamo pensato che persino il nostro capoluogo fosse una città per vecchi, detentori di un potere cristallizzato. Con leve di comando sempre nelle identiche mani. Ora non è molto, bastava guardarsi in giro, buttando uno sguardo indiscreto nella cittadella dei cosiddetti “poteri forti”, per avvertire che eravamo fermi alla “Balena Bianca”. Ai vecchi mummifi cati rapporti di forza, con i vecchi personaggi issati lì dalla Dc di Gaspari e Natali. Quando il partito di De Gasperi conquistava maggioranze bulgare fra l’Adriatico e il Gran Sasso. Ora che il compianto “Tonino” ha lasciato e il suo alter ego della Tercas, Lino Nisii, ha tolto le tende, perché commissariato, dobbiamo pensare che “i tempi nuovi” sono davvero alle porte. La vecchia guardia, che sembrava imbattibile e intramontabile, sta frantumandosi (lunga vita a Giandomenico Di Sante), seguendo la implacabile traiettoria di tutto ciò che è umano. Il vecchio Alberto Aiardi, parlamentare ed ex sottosegretario, a sua volta protagonista rispettabilissimo della storia abruzzese e cittadina, ha problemi di salute (e gli auguriamo una pronta ripresa). Il vero cambio generazionale tanto auspicato, sta tuttavia per arrivare. Quante volte abbiamo parlato di passato che non passa? Ma un dubbio ci assale ed è venuto proprio davanti alla bara del “Grande vecchio”. Quando abbiamo pensato che forse i problemi dei nostri malanni nazionali e locali non sono l’età e i capelli bianchi. Non è l’anagrafe. I punti deboli sono la formazione e la selezione che mancano. L’Italia di oggi è fatta apposta per bloccare la strada ai più meritevoli, a chi vuole salire nella scala sociale e non può. Sentite questa: “Un tempo la laurea permetteva ai fi gli delle classi meno ricche di migliorare la propria condizione di partenza. Ma se l’università diventa troppo facile, se la laurea è un pezzo di carta e tutti i pezzi di carta sono uguali, se si cancella la meritocrazia, si fa il gioco dei figli di papà”. Meritocrazia? Persino in politica c’è chi ha saputo mettersi al seguito dei “Grandi vecchi”, per vivere e sopravvivere. Senza merito e qualità. In un tirare a campare con metodi antichi e all’ombra dell’esperienza altrui, pur sembrando giovani e moderni. Tutto precipita, quando il palazzo dei bottoni è “commissariato” o il “Grande vecchio” esce di scena. Diffi cile, allora, non arretrare e non pensare alla pensione. Visto che è arduo mantenere il passo ed è meglio farne uno indietro.