“Non riconosco piu’ Teramo, non ne riconosco i colori, il paesaggio, gli odori, le persone”.
Walter Mazzitti, racconta la sua visione di Teramo, da persona che l’ha conosciuta, amata, vissuta, e poi se ne è allontanato.”Ricordo gli anni ’70 in cui la città era gradevole, si respirava bene, sotto tutti i punti divista. Era una città tranquilla e aveva tutti i vantaggi di un capoluogo di provincia. C’era tutto: prefettura, esercito, sedi regionali di banche e sedi provinciali di servizi Enel e Telecom. Componenti che davano tono alla città. Scomparendo, Teramo si è trasformata in una città di impiegati. Artigiani non ce ne sono più”. Abbiamo tanti laureati, nessuno sbocco sul lavoro. “La colpa è sempre della politica. Quanti miliardi sono stati spesi nella formazione inesistente a livello regionale e provinciale. Con le organizzazioni sindacali hanno gettato miliardi per fare formazione nell’artigianato, per formare chi? Non ci sono artigiani, perché non sono stati formati. I soldi sono stati rubati, usati in maniera oscena. Quando in una città non c’è più nulla, la responsabilità è di chi gestisce. Come fa la politica a non ritenersi responsabile del fatto che la città non conta e non offre più nulla? Un capoluogo di provincia che ha due taxi e una stazione senza biglietteria è la dimostrazione di quello che ne è il movimento economico. Un turista cosa dovrebbe venire a vedere a Teramo? Fatta eccezione per la cattedrale, non sempre aperta, tutto il resto è chiuso e tenuto in condizioni pietose. Però se interroghiamo le persone ti rispondono ‘e vabbè che vuoi fare?’ Ecco perché dico che non c’è possibilità di recupero. La società ormai si è adeguata ed imbarbarita. Potrei dire in maniera più offensiva e, includo anche la mia persona, si è ‘incafonita’. Incombe l’ignoranza della politica, non voglio dire interesse, ma come hanno ridotto una piazza storica come piazza Dante? Per fare un parcheggio? Piazza Garibaldi: togliere la fontana è stato un errore enorme. L’acqua rappresentava movimento, vita. Spendere tutti quei soldi – continua l’avvocato – per creare un obbrobrio. Ipolitici, se interrogati su questo, direbbero che hanno dovuto impiegare i soldi, altrimenti li avrebbero dovuti restituire non avendo altro modo di spenderli. Questo è amministrare? Una volta esisteva il confronto, le persone si pronunciavano, scrivevano lettere aperte ai giornali. Sapevano che ne sarebbe seguito un dibattito. Oggi nessuno si pronuncia più, perché le poche persone disposte a scrivere una lettera sanno perfettamente che ogni tentativo di confronto cade nel vuoto. Le persone di talento non vengono ascoltate, perché il politico è consapevole di avere un basso profilo. Si circonda di persone ancora più mediocri per emergere. Il lavoro del politico, invece, dovr ebbeessere l’esatto contrario, circondarsi di tecnici capaci e di altissimo livello che studino diverse possibilità tra cui poi, scegliere la soluzione da attuare. In Italia, a Teramo ma anche in regione, invece, si teme il doversi mettere in discussione”. In passato la politica si faceva ‘porta a porta’. “Si, con pro e contro. Il ruolo svolto dalla Dc a Teramo, fino a quando non è crollato il sistema, ha dato degli impulsi enormi. L’italiano, in generale, vuole sapere di avere un rappresentante politico a cui rivolgersi, e questo veniva fatto bene dai politici, che adesso non esistono più. Il nuovo sistema elettorale ha introdotto dei cambiamenti, non c’è più rapporto diretto tra elettore ed eletto. Il politico non ha interesse a stare sul territorio, viene nominato da un superiore e non eletto. Avanza quella categoria di politici che non hanno una vera cultura politica, un livello trasversale di persone che arrivano, e all’improvviso decidono di candidarsi. Non hanno lo spessore per far crescere la città. Non hanno l’esperienza giusta, non hanno la cultura sufficiente e soprattutto non hanno la professionalità, che è fondamentale per svolgere un ruolo politico”. Teramo esprime importanti nomine politiche, governatore della regione e parlamentari. Nonostante questo, la città sembra crollare politicamente ed economicamente. “E’ una città che si sta disgregando e la situazione è irrecuperabile. Il tessuto sociale prima era più elastico, si poteva entrare nelle maglie, si riusciva a ragionare. Questo tessuto ormai si è serrato e non c’è possibilità di penetrarlo. La gente non è più disposta ad accettare di cambiare, perché non vede e non sa neanche cosa c’è di meglio. Chi amministra è molto avvantaggiato, perché di fatto non ha una opposizione, la gente si è abituata a vivere secondo questo standard. Non si è in grado di mostrare un’alternativa”. Il sistema sta crollando, qualcosa si dovrà forzatamente muovere? “Ogni tanto mi capita di parlare con qualche vecchio amico teramano, e da qui capisco che non c’è reazione. Qualche mese fa sono stato all’università, un incontro con gli studenti, ad illustrare la politica dell’acqua a livello internazionale. Gli studenti mi hanno chiesto perché nessuno andasse a spiegare loro queste cose, come avevo appena fatto io. Ho risposto, chiedendo cosa facessero loro in prima persona. Il vero problema sono i giovani. Dinanzi a quello che sta accadendo a livello europeo, gli universitari come si pongono? Ho studiato a Teramo e passavo giornate intere all’università, non solo per seguire le lezioni, ma anche per discutere sui problemi della città o della politica”. Abbiamo diverse facoltà in città, ma i ragazzi sono “immobili”, non c’è voglia di fare? “Questo dipende molto dalla qualità delle facoltà. Tra le battaglie che ho portato avanti c’era quella di impedire la nascita dell’università di Teramo, quando questa decise di staccarsi dall’università regionale d’Annunzio di Chieti. Fu una scelta fatta esclusivamente per un interesse personalistico dell’allora on. Tancredi che decise che voleva ‘essere l’uomo dell’università, voleva una sua università’. All’epoca abbiamo avuto scontri durissimi –prosegue Mazzitti –, ed alla fine rimasi letteralmente solo. Giovane e senza esperienza, seguendo l’istinto sostenevo che questa città non avesse nulla di specifico per avere una università sua. In Italia i piccoli centri hanno università solo se nate storicamente con secoli di vita alle spalle. Teramo non aveva la struttura e l’organizzazione per ricevere una università. Allora l’Università di Chieti godeva di grande prestigio. Siamo scesi da un treno in corsa per realizzare una piccola università che di fatto non è servita a nulla. E’ una delle università agli ultimi posti nelle graduatorie nazionali. Si è voluto, però, rispondere ad esigenze personali di una stragrande maggioranza di professori universitari, che hanno interesse nel far proliferare le cattedre per gestire il potere ‘della cattedra’: docenti, master, corsi, assistenti”. Ha parlato di acqua. Una volta dai nostri rubinetti usciva acqua buonissima…“L’acqua è ancora ottima, quando non c’è il cloro. Purtroppo c’è un grave problema di reti, nel senso che sono bucate, perché non si è fatta la manutenzione negli anni passati. Siccome le reti passano vicino le fogne, per evitare problemi di sicurezza viene messo, a volte abusando, il cloro. Il problema delle manutenzioni ha radici lontane. Negli anni ’80 – ricorda Mazzitti – in consiglio comunale si dovevano minare il cda del Ruzzo, che era gestione diretta del Comune. Non si davano incarichi per meriti o conoscenze tecniche, ma si assegnavano gli incarichi. All’epoca, ad esempio, fu nominato nel cda anche il farmacista Crocetti. Con tutto il rispetto per la sua professione, cosa poteva saperne di gestione dell’acqua? Non si è mai amministrato con criterio, non si sapeva quanto costavano le tubature, i dipendenti o la struttura. Si usava la riduzione della tariffa dell’acqua per ottenere consensi tra gli elettori in campagna elettorale. La gestione mai economica, mai di intervento e manutenzione ha portato alla situazione attuale. La dispersione di acqua è elevata, quasiil 45%”.