Già in qualche precedente contributo si è detto che la crisi potrebbe essere una grande occasione di rivalsa e di rinascita, cioè bisognerebbe approfittare di questo momento negativo per liberarsi di tutto ciò che non va e porre le basi per costruire una società migliore. Si è detto pure che occorre conoscere la crisi e le sue cause, per poterla governare. A tal proposito appare utile l’analisi fatta, nel 1705, da B. de Mandeville in L’alveare scontento, ovvero i furfanti resi onesti. Il titolo sembra una perfetta
fotografia della corruzione e degli scandali odierni. Però, se si va ad esaminare meglio l’opera, riedita nel 1729 con il titolo di Favola delle api, ovvero, vizi privati, pubbliche virtù, si constata che la corruzione del corpo sociale, oggi, non produca assolutamente progresso e benessere. La legittima aspirazione della società alla giustizia e all’equità non può assolutamente contraddire la produttività e la pacifica convivenza, come, invece, avviene in Mandeville. Suonano devianti e scandalose alcune asserzioni fatte, poco tempo fa, dall’ex ministro R. Brunetta il quale, concordando con Mandeville, afferma che, in Italia, se circola una certa quantità di moneta lo si deve esclusivamente all’evasione fi scale, poiché lo Stato non è in grado di utilizzare al meglio i soldi dei contribuenti. L’amara e pessimistica analisi del Mandeville si fonda sul contrasto naturale tra virtù e progresso, poiché la civiltà è frutto delle passioni e dei vizi umani. I vizi, riprovevoli nel singolo, si trasformano in azioni virtuose per la comunità: essi, dunque, sono utili, come pure le passioni, il male e il negativo. Goethe, nel prologo del Faust, dice che senza Mefi stofele gli uomini non farebbero nulla di buono, essi sono spinti solo dall’utile e dall’interesse privato. Le api raccolgono nettare per la loro cupidigia, eppure risultato di tale egoismo è il miele, proprio come la ricchezza pubblica discende dall’avarizia dei singoli. Una simile concezione per la società odierna non avrebbe senso, poiché il vizio è vizio, etimologicamente deriva da veto e, pertanto, è ciò che è vietato; mentre virtù deriva da vir, cioè, indica l’eccellenza dell’uomo. Occorre riflettere che non è il negativo a generare il positivo mediante la negazione di se stesso, come afferma la dialettica hegeliana, e che la condizione disastrosa, non solo economica, è figlia legittima e naturale delle azioni malvagie di chi dovrebbe garantire progresso e prosperità all’intera comunità. Il libertinismo di Mandeville non può risolvere i nostri problemi, ma un liberismo autentico, come sostenevano Croce ed Einaudi, sorretto da personalità coraggiose e illuminate, sì. Il prossimo governo politico dovrà mostrarsi capace di superare gli egoismi e il narcisismo dei singoli partiti che svendono sviluppo e progresso per una sedia da occupare in Parlamento.