Eccola qui la città romanticamente (nell’accezione culturale del termine) “disconosciuta” da Walter Mazzitti nel numero scorso di PrimaPagina. L’abbiamo raccolta, questa città “perduta” e consegnata, così come l’avvocato (pur sempre teramano?) l’ha raccontata, ad alcuni autorevoli personaggi locali, sollecitando il loro intervento. Giacché di molti di essi (e ne sentiamo la mancanza) non abbiamo sovente la possibilità di ascoltare il parere. La Teramo di Mazzitti appare un contenitore di strade (molte malconce), tra le qualisi aggirano persone senza una precisa identità. C’è il rammarico del tempo perduto. Di ciò che c’era e non c’è più, fino ad essere riassunta con un aggettivo: “incafonita”. Per colpa, a dire di Mazzitti, di una politica avvinghiata a se stessa, e sorda a qualunque confronto o dibattito. Quella politica della quale l’avvocato ha fatto parte (come esponente di Forza Italia) e che ha sortito effetti lusinghieri (tuttora, per lui) nella Capitale. E’ vero, la città non è un granché allo stato attuale. Sempre alla vana ricerca di un’identità che forse non acquisterà mai, a prescindere da chi siede o siederà sugli scranni di Piazza Orsini. Ma non lo è stata neppure in passato. Neppure in quegli anni Settanta, richiamati alla memoria. Magari in più saltellava (inevitabilmente) la giovinezza, vogliosa di imitare i fortunati metropolitani. E la smania di conoscere, leggendo, di informarsi, e di auspicare il confronto sui libri o ascoltando i veri “maestri”. Che c’erano, nei vari campi, sapendoli cercare. Oggi sono quasi del tutto scomparsi. Condannati, i pochi rimasti, all’emarginazione dai tuttologi del nuovo secolo. Ma questa non è una vicenda teramana. E’ la storia del tempo mutato, malamente per molti, del cosiddetto (tanto per usare un termine obsoleto) “progresso”. Nel 2003, l’allora sindaco e attuale governatore della regione, Gianni Chiodi, in un suo intervento, in occasione della presentazione del progetto Cult, nella Sala San Carlo, a Teramo, dichiarò: “Se Teramo vuole vincere la sfida della competitività deve puntare sulla creazione di un ambiente favorevole per la collaborazione delle imprese tra di loro e con il mondo dell’Università e della ricerca, un ambiente favorevole all’imprenditorialità, un ambiente favorevole all’internazionalizzazione. Ma per quanto importanti, la ricerca, l’innovazione tecnologica, l’internazionalizzazione sono soltanto una faccia della medaglia. L’altra, è la cultura”. E aggiungeva, spiegando: “Cultura non nel senso riduttivo del cosiddetto turismo culturale, ovvero di una concezione limitata all’intrattenimento e al tempo libero. Per Teramo, il ruolo della cultura deve andare molto al di là dell’intrattenimento turistico. Il ruolo della cultura non si deve esaurire nel passatempo più o meno colto, ma va cercato anche e soprattutto nella sua funzione di motore sociale in grado di suscitare e trasmettere senso di identità. (…) Ed allora dobbiamo, tutti insieme, ritrasformare Teramo in una città culturalmente viva, dinamica, propositiva, internazionale, in grado di offrire ai residenti e sopratutto ai più giovani continue opportunità di esperienze intellettualmente stimolanti che possano spingere ad investire di persona in nuove competenze (…). Invece accade purtroppo che si guardi solo e soltanto al passato, all’esistente, ai ricordi, alle cartoline, ai tempi andati, alla valorizzazioni delle tradizioni locali ed ai prodotti tipici. Per noi questi sono punti di partenza non di arrivo”. Mai stato romanticamente (nel senso letterale del termine) nostalgico Chiodi. Non lo appare Mazzitti (nello stesso senso). Entrambi, in comune, hanno, però, l’evidente (per ora) presa di distanza da Teramo. Per impegni – e ambizioni – diversi. Si dice che più ci si allontana dalla “statua” e meglio la si osserva. Nell’insieme, forse. Ma i particolari – che poi sono quelli che fanno la differenza – sono offuscati. Dunque, continuiamo a confrontarci sulla città, che è la nostra. PrimaPagina ha aperto, dall’inizio, le sue pagine a tutti. Facciamone buon uso.