Caro direttore, accetto il tuo invito – dovuto, credo, all’antica amicizia che ci lega sin dai tempi del liceo – a esprimere la mia opinione, di cittadino comune, sulla attuale situazione della nostra Teramo. Purtroppo Teramo non è favorita dalla sorte, rispetto a tante altre cittadine della provincia centro meridionale, se non per la ottima posizione geografica rispetto al mare e alla montagna e per le deliziose colline che la circondano. Nessuna tradizione di artigianato qualificato o nessuna presenza di monumenti eccelsi la rende appetibile meta turistica (ovviamente con l’eccezione della Cattedrale), né la presenza di manifestazioni culturalmente valide o di antica tradizione migliora la situazione. Un esame obiettivo della situazione, con riferimento a quella che fu la situazione negli anni precedenti implica il riconoscimento delle premesse: la nostra città non ha mai brillato di luce propria negli ultimi due secoli ( e fisso tale intervallo di tempo tenendo per buone i tradizionali appellativi di “Atene del regno” , secondo J. Acton e di “dotta” nella popolare esemplificazione delle, allora 3 provincie abruzzesi “L’Aquila la ricca, Chieti la nobile, Teramo la dotta”). Come vedo la mia città, così com’è oggi? Come non certo la migliore città possibile, ma come una normale città di provincia, con i pregi e i difetti conseguenti. E se la rapporto alla Teramo della mia infanzia, con tutti i cambiamenti, grandi e piccoli, intervenuti, il giudizio non cambia. Asfittica dal punto di vista turistico e culturale allora, non brilla oggi. Più aperta verso il mondo, grazie alla realizzazione della autostrada A 24, che ci ha tratti fuori da un isolamento plurisecolare, e della A14 che ci ha consentito di raggiungere più agevolmente il nord e il sud Italia. Meno provinciale grazie all’Università, da sempre volano della piccola economia locale e preziosa per aver richiamato qui migliaia e migliaia di ragazzi dal resto del Paese e anche, con il progetto Erasmus, dall’estero. Concentrerei, se mi è permesso, focalizzare il mio intervento su due specifici argomenti: stato della città dal punto di vista della vivibilità e dell’aspetto; stato della cultura. Qualità della vita…….ammesso che sia facile utilizzare tale espressione in maniera universalmente condivisa, forse rispetto agli anni ’70 peggiorata, ma solo nel contesto delle mutate condizioni generali. L’inquinamento che non si conosceva allora, anche oggi, ove si eccettui la presenza dei prodotti della circolazione dei veicoli a motori, non mi risulta un vero problema; servizi ai cittadini migliorati di sicuro. Non in linea – forse- con le virtuose provincie del Nord o centro Nord, ma accettabili, ove si tenga presente il gap reddituale esistente. Criminalità e micro criminalità assenti o quasi, quindi una città vivibilissima, come lo era 40 anni fa, una perfetta città per pensionati e bambini, come si soleva dire. Diverso potrebbe essere il giudizio in merito all’aspetto della città oggi, ma bisogna tenere presente sia le diverse esigenze createsi nel corso degli anni, sia il fatto che cambiamenti – anche discutibili o impattanti oggi – potrebbero rivelarsi una buona scelta nel futuro. Partendo dalla demolizione dell’ “Arco di Monsignore” che tante polemiche provocò nel 1970 – ma che ha restituito al più notevole monumento cittadino la sua originalità – alla trasformazione di un brutto parcheggio (la parte sud di Piazza Martiri della Libertà) in un angolo vivibile con una simbolica fontana e un olmo), fino a giungere agli ultimi due, discussi interventi su Piazza Garibaldi e Piazza Dante, semmai potrebbe osservarsi che gli interventi non sono stati poi molti, e, comunque, non hanno modificato in modo significativo la città. Notevole e da appoggiare al di là degli interessi personali, sarebbe la pedonalizzazione totale del centro, con la conseguente creazione di più vasti parcheggi al di fuori delle mura. Sotto quest’ottica vedo positivamente la creazione del parcheggio di Piazza Dante – senza entrare nel merito delle soluzioni tecniche e dei problemi a esse collegate – anche tenendo presente che la detta Piazza non è tra le Piazze storiche di Teramo ( mi sembra di ricordare che fu creata nei primi anni del ‘900). La costruzione della Sala Ipogea di Piazza Garibaldi – anche qui senza entrare nel merito dell’opportunità della medesima, dei costi, dei finanziamenti e della realizzazione – mi lascia, invece, scettico, non tanto per la rimozione della fontana preesistente – che peraltro, se non vado errato, era stata spostata lì dalla attuale Piazza Martiri della Libertà nel primi del’900 – quanto per il fatto che la struttura stessa sia eccentrica rispetto al centro della città e che gli usi previsti siano generici. Certo, molte cose andrebbero e potrebbero essere migliorate, con poca spesa, rendendo più piacevole anche il passeggio cittadino: maggiore manutenzione della pavimentazione, in condizioni deplorevoli o scandalose in molte vie centralissime, nella rimozione della struttura di acciaio e vetro a Piazza S.Anna, con la restituzione alla cittadinanza di uno spazio da adibire a verde (visto che la Piazza è lastricata….), stante anche il discutibile valore attrattivo degli scavi, non fruibili e non eccezionali e la riapertura al pubblico uso di parte dei giardini a Piazza Madonna delle Grazie, chiusi (anche alla vista) da oltre 30 anni. Stato della cultura, e qui il mio intervento potrebbe degenerare divenendo prolisso. Il primo grande scoglio da superare è proprio il significato della parola “cultura” oggi. Credo sia palese che negli ultimi 40 anni sono cambiati gli scenari generali (e gli interessi personali): come definire un evento” culturale” oggi? E chi definisce cosa sia “cultura” e cosa non lo sia? Debbo, quindi, limitarmi alla accezione comune del termine (accezione datata….come me, del resto). Negli anni ’70, ricordo il Premio Teramo (che di sicuro era ancora esistente pochi anni fa e forse ancora oggi?) seguito da pochissimi studiosi e appassionati locali e con un certo rilievo nazionale. Ricordo il Giugno Teramano, che nell’ambito di manifestazioni tese alla promozione turistica, includeva anche una stagione lirica; ricordo i saggi del Liceo Musicale, qualche rarissima rappresentazione teatrale e qualche, ancor più raro, concerto. Forse un laboratorio teatrale. La situazione attuale mi appare molto più dinamica, certamente per merito di pochi, ma l’importante è il risultato. Un laboratorio teatrale nato e prosperato grazie all’impegno del fondatore e di pochi altri entusiasti (Spazio 3); un’associazione che ha riportato (anzi creato) una stagione teatrale e musicale (Primo Riccitelli); varie associazioni culturali che, nei vari campi hanno sviluppato il panorama cittadino (Amici della Delfico; Teramo Nostra). Anche dal punto di vista strettamente istituzionale il restauro del Palazzo Delfico e la conseguente realizzazione della sala polifunzionale, nonché il trasferimento della Biblioteca Provinciale dai locali bui e degradati del liceo, hanno di sicuro dato nuova vita alla istituzione. Lo sviluppo del Museo Civico (pinacoteca) una volta perennemente chiuso e mai fruito, e la creazione del Museo archeologico, sono sicuramente eventi altamente positivi. Quanto poi questi (positivi) fenomeni siano il risultato di impegni personali e privati e non pubblici, non so dirlo, però sono realtà positive, introvabili e inimmaginabili negli anni ’70.