Così vai via, non scherzare no / domani via, perfavore no”. Incipit baglionesco notissimo agli adolescenti di un altro tempo, che adesso hanno qualche ruga sul viso. Dopo la desertificazione di Teramo da un punto di vista di servizi e uffici, adesso anche la bella realtà dello sport sta pian piano crollando sotto i colpi di presidenti molto più attenti ad altro che non all’attività atletica.
Il Giulianova calcio è in via di fallimento e riprenderà dal fondo; il Teramo calcio qualche anno fa fece la stessa fine. Il Roseto basket – eravamo l’unica realtà italiana ad avere due squadre della stessa provincia in A1 – è miseramente naufragato. Sembrava le avessimo viste tutte, ma così non è stato. Purtroppo, si sa, anche il Teramo Basket ha mancato l’appuntamento alla reiscrizione nel campionato di A1. La società non ha depositato la fideiussione di 350.000 euro necessaria all’uopo. Si sa anche come Carlo Antonetti, il presidente di mille battaglie e dalle mire in Lega abbia lasciato; il suo posto è stato rilevato da altri con a capo Lino Pellecchia, il quale non ha avuto parole dolci per nessuno. “E’ finita un’era e purtroppo è finita sotto la mia presidenza. E’ ovvio che questa cosa mi rammarica molto e mi dispiace, ma per me era divenuto impossibile andare avanti. Per il Teramo Basket ho indebolito anche le mie aziende e questo non lo ritengo giusto. Mi rendo conto che in gran parte adesso mi verranno addossate colpe che in gran parte ho (…)”. Tanto denaro scialacquato, ma anche parecchio incassato, con le prestigiose, passate, cessioni di Poeta e Moss, oltre al denaro che la Lega doveva restituire per la storia della Wild card, ma l’ormai l’ ex Presidente insiste: «Lo dico ancora per chi ha fatto finta di non capire: io sono stato lasciato solo. Nessuno mi ha dato un euro. Da quando ho detto che non ce la facevo più, da quando ho cominciato a piangere, come qualcuno ha detto, ebbene io non ho visto nessun segnale». Quest’ultima parte è quella che lascia più perplessi. Ci si chiede perché quando le cose vanno bene ognuno faccia da sé, mentre quando vanno male occorre sempre “aiutare”. Non è mica detto. Se uno aiuta è perché vuole farlo, non perché debba. I tifosi lo fanno col biglietto e coi gadgets che acquistano, il comune – se vuole e se può – in altro economico modo, ma è la società che deve sostenersi. E’ legittimo chiedere aiuto, altrettanto legittimo darlo o meno. Nel 2011, con una situazione debitoria maggiore a quella attuale, il Teramo si è regolarmente iscritto, quest’anno no. Pellecchia ha poi affermato che “l’anno scorso mi coinvolsero in un’avventura nella quale non dovevo assolutamente entrare. Ci ho rimesso diversi soldi”. Hic est busillis: da imprenditore navigato qual è, perché non doveva entrare? Se “non doveva” allora, perché l’ha fatto? Le storie di mecenatismo per la città non reggono più: un uomo adulto e cosciente se rileva / entra in una società è perché vuole farlo, non perché “coinvolto”, neanche si trovasse ad una festa con amici sbronzi. Non pago, rincara la dose: “L’anno scorso c’erano 5 milioni di euro di debiti, oggi zero. Sul conto corrente della società ci sono 3 mila euro, ma di attivo. E nel corso del campionato ho sborsato un altro milione di euro; nessuno lo dice, ma dovrò onorare l’impegno dei 150.000 euro di fidejussione cui i giocatori avranno accesso per i loro emolumenti. Ho sbagliato ancora una volta, ma certo non per interesse come qualcun altro ha voluto sostenere. Se ho sbagliato l’ho fatto sempre per inesperienza e buona fede”. Si dirà che l’inesperienza è inerente il basket, ma allora, come diceva John Fitzgerald Kennedy, bisogna essere tanto intelligenti da capire che bisogna contornarsi da gente più preparata. Quanto al rapporto con Carlo Antonetti ed Alfredo Capasso, Pellecchia, fiume in piena per chiedere aiuto, diventa stranamente arcigno: «Preferisco non parlarne». Anche la disperata ipotesi di sfruttare il c.d. Lodo Petrucci è terminata nell’arco di poche ore: occorreva costituire una nuova società che prendesse il posto della vecchia non accollandosi i debiti della pregressa gestione – che sarebbero rimasti in capo a quest’ultima – iscrivendosi nella categoria subito inferiore a quella dell’ultimo Campionato disputato, quindi in A2. Purtroppo i tempi strettissimi e la mancanza di liquidità – o di volontà? – di chi siera interessato non hanno aiutato. Il drammatico seppur purtroppo inutile tentativo è stato esperito da un comitato di tifosi fedelissimi. Inoltre, ammesso che le cose fossero andate bene, sarebbe stata la Lega a dare il placet sull’eventuale iscrizione. Al solito, in tutto questo bell’andare, con una goccia d’amore tifoso dentro una bottiglia d’aceto finanziario l’unico a rimetterci è lo sport. Non è una frase fatta: significa che, non essendoci più il “traino” della prima squadra anche le palestre, i ragazzini che le frequentano colti da giusto entusiasmo dopo essere stati portati al palazzetto, si raffredderanno e si spera che il basket a Teramo non faccia la fine della rotellistica e di altri sports. Pellecchia ha dato la disponibilità ad aiutare il settore giovanile, ma chi ci crede? E poi, che aiuto può dare vista la sua dichiarata “inesperienza”? Niente più Boni, il capitano Lulli, Grant, Moss, Poeta, Brown. Palazzetto vuoto. Il tessuto di questa città e provincia è già lacerato dalla crisi. Ci mancava anche questa batosta, dai contorni non troppo chiari, con accuse velate, con sassi lanciati e mano nascoste.