Salvatore di Paolo, presidente di Confindustria Teramo spiega quali sono i metodi e i criteri richiesti dalle aziende e propone qualche soluzione: Come viene gestita dalle aziende la ricerca e la selezione del personale? “Utilizzare i contratti a tempo, a termine ecc. è un metodo che le aziende sono quasi costrette ad adottare per conoscere la persona, verificarne le capacità e le attitudini, prima di decidere un’assunzione. Soprattutto se è una piccola realtà aziendale, che non può permettersi lo psicologo per la valutazione. Utilizzerà il periodo di prova per valutare e verificare la validità del lavoratore. Se una persona è valida l’azienda ha tutto l’interesse a trattenerla. In questo contesto quindi il merito è molto importante. “Quanto è importante il voto di laurea come espressione della formazione del candidato? “Il neolaureato, per quanto con il massimo dei voti, se non ha avuto modo di fare qualche esperienza in azienda, stage o tirocini, manca di alcuni importanti fondamenti necessari per entrare in breve tempo nel mondo del lavoro e che l’Università in sé, pur se valida non fornisce. Sono l’entusiasmo e gli stimoli che fanno crescere, la volontà di superare sacrifici e prove che danno l’idea di quanto si è disposti a investire su se stessi. Il valore paga, anche se non subito, perché nessuna azienda può permettersi il costo di un’assunzione fidandosi “sulla parola”. La cosiddetta “raccomandazione”, che tanto svilisce e demoralizza i giovani in cerca di lavoro, semmai rimane circoscritta a quei profili lavorativi con scarsa o nulla specializzazione. E’ molto importante la cultura dell’interazione tra scuola, aziende e territorio. I tirocini dovrebbero essere obbligatori durante il percorso scolastico e formativo con l’affiancamento studio-fabbrica. E dovrebbero essere le aziende a suggerire alla scuola che genere di preparazione è necessaria al territorio e alla sua composizione economica. E’ inutile “produrre” solo avvocati o ragionieri e poi non riuscire a trovare carpentieri o saldatori. Sarebbe utile a questo punto studiare un modello nazionale che disciplini la collaborazione scuola e pratica aziendale “E’ solo la crisi economica globale responsabile del problema lavoro? “Questo periodo non può esser preso come modello di riferimento, ma è indubbio che il costo del lavoro in Italia è troppo alto. Un operaio italiano guadagna molto meno di un operaio tedesco, ma il suo costo, per l’azienda italiana, è doppio rispetto ad un’azienda tedesca. E’ questo il vero nodo della questione, ciò che alimenta anche il lavoro nero. La difficoltà di licenziare è il problema dei problemi, se assumere qualcuno vuol dire sposarlo. Solo una riduzione dei costi potrebbe rilanciare un serio progetto di occupazione. Oggi abbiamo una legislazione che costringe i lavoratori a rimanete in attività sempre più a lungo e tanti giovani che invece vorrebbero iniziare e non possono. Allora forse potrebbe essere un’idea utilizzare gli ultimi anni di impiego di un lavoratore per affiancarlo ad un giovane, utilizzando i costi contributivi del primo per pagare il secondo, invece di versarli allo stato. In questo modo si avrebbe un ingresso massiccio di nuove forze che avrebbero anche tutto il tempo di formarsi durante l’avvicendamento. Con risparmio dei costi di formazione e di selezione. Sarebbe un modo anche per evitare il fenomeno degli esodati. E’ una proposta. Spero che se ne possa discutere a breve con le associazioni di categoria e con lo Stato.