E’ notizia di ogni giorno la situazione di difficoltà (politica e gestionale) in cui versa l’Ateneo teramano, precipitata tra l’altro nelle ultime settimane. Dal 26 settembre infatti i titoli dei quotidiani sono corsi veloci: il Rettore è stato sfiduciato; il Senato Accademico ha sfiduciato il Magnifico; Il Consiglio di Amministrazione nega la fiducia alla Tranquilli Leali e così via.
Innanzitutto sarebbe utile specificare che non si può parlare di ‘sfiducia’; questo istituto, infatti, non è previsto nel nostro statuto. Bensì si tratterebbe di una maggioranza che de facto non esiste più all’interno degli organi centrali d’Ateneo, e che ha portato ad un voto contrario sui punti all’ordine del giorno delle varie sedute tenutesi fino a questo momento. È quindi preferibile parlare di una scelta prettamente politica attraverso la quale i membri dei vari organi d’Ateneo hanno voluto concretizzare una precisa linea secondo la quale il Magnifico non sia più in grado di portare avanti il suo incarico e tanto meno sia in grado di risollevare l’università dall’abisso in cui sta affondando. Personalmente e da iscritta ad un’associazione studentesca universitaria (UDU Teramo) ritengo che tutto quanto accaduto fosse prevedibile e la mia stessa associazione è da circa due anni che denuncia lo stato dell’università di Teramo. Non nascondo che la mala gestione dell’Ateneo ha portato anche a un calo di servizi e di iscritti. Mi chiedo allora se davvero era necessario arrivare a questo punto di non ritorno. Non sarebbe stato più semplice fare prima qualche passo indietro invece di non poter più fare poi più nulla? Ora che, quella che sembrava nell’ultimo mese una vera e propria “caccia alle streghe” vede la Tranquilli Leali “sul rogo”, cosa accadrà? È di certo partito il ‘toto nome’ su chi sarà il nuovo Magnifico, anche se non è poi cosi un mistero. Di certo sarà necessario che si facciano delle serie riflessioni: ad esempio se indire nuove elezioni per il rinnovo degli organi prima di eleggere il nuovo Magnifi co affinché non sia frutto, magari, di una votazione fatta da persone che non hanno più una forte rappresentanza. Inoltre, in un momento di forte crisi, cosa si può fare? Come rilanciare, seriamente però, l’UniTe? Quanto ne hanno risentito gli studenti e quanto ancora ne risentiranno? E poi è necessario che sia la politica a decidere chi debba sedersi sulla poltrona tanto ambita? Tutti interrogativi che troveranno risposta a breve (si spera!) o forse no.