Le elezioni per il rinnovo dell’Assemblea regionale siciliana hanno confermato la volontà dei cittadini di voltare pagina, peraltro in una realtà territoriale contraddistinta da un storico tradizionalismo elettorale. In Sicilia, il movimento politico di Grillo risulta essere il partito più votato,
in un quadro a dir poco frammentato e nel quale non vi è, al momento, alcuno schieramento in grado di governare la regione, Il successo, peraltro atteso, del movimento 5 stelle non sembra scuotere la politica della prima e della seconda repubblica. A fronte della compattezza dimostrata dai partiti che sostengono il Governo Monti, in relazione all’approvazione di misure a dir poco discutibili e che colpiscono anche i ceti medio-bassi della popolazione, sui temi della riforma elettorale, del contenimento dei privilegi, della riduzione degli sprechi, delle liberalizzazioni, nulla o poco è stato fatto. A ciò deve aggiungersi il susseguirsi di informazioni che evidenziano – da una parte – il crescente malcostume, dall’altra la crescente volontà dei cittadini di superare il presente, autorappresentandosi, mediante movimenti civici. E se il movimento di Grillo fa incetta di consensi in Sicilia, vi è da immaginarsi una escalation di consensi alle prossime elezioni politiche, considerando che tale meccanismo ricorderebbe molto la meglio nota “Profezia che si auto adempie”. All’orizzonte, non sembrano comparire strategie e figure che possano contrastare tale avanzamento. Nel serrato confronto dei candidati alle primarie del Pd, tenutosi nell’emittente del magnate australiano, colpisce non poco l’ispirazione convenzionale di Bersani e, soprattutto, di Vendola che eleggono – quasi ad icone di riferimento della propria azione – il papa del Concilio vaticano II e il cardinale Carlo Maria Martini. Un omaggio ai grillini, agli arancioni, alla federazione di sinistra, a tutti coloro che invocano un più accentuato riformismo e una maggiore giustizia sociale. In tale scenario, il sindaco di Firenze – che rappresenterebbe, secondo i suoi antagonisti, la destra del Pd – finisce paradossalmente per citare Mandela, quasi le parti si fossero improvvisamente invertite. In un clima di tale pansessualismo politico, diventa arduo per gli elettori scorgere i segnali propedeutici ad un’inversione di rotta. Nel Pdl si profila, timidamente, il viatico per le primarie. Un grande passo in avanti per l’expartito ultraleggero che, però, deve colmare l’evidente vuoto lasciato da Silvio Berlusconi. Gli attuali papabili alle primarie non sembrano solleticare né la curiosità, né la diffusa fiducia degli elettori di centrodestra. Motivo per il quale le agenzie riportano, tra il serio e il faceto, notizie circa la candidatura imminente di meglio identificabili imprenditori del settore alimentare. Infine, l’invito di Montezemolo, che non si candida, ma è pronto a sostenere un’aggregazione di centro, in cui Mario Monti continui ad esserne il primus. In tale mare magnum, la posizione dei politici teramani è evidentemente imbarazzante. Si viaggia a lume di naso, in sotto coperta. A pochi mesi dal voto e sempre in attesa che sulla “via di Damasco” i parlamentari riescano a superare il “porcellum”, non si profilano candidature e alleanze definitive. Nel caso in cui l’attuale sistema elettorale dovesse essere confermato, si aprirebbero scenari pittoreschi, contradditori e anche possibili travestitismi dell’ultima ora. Ciò perché è presumibile che, con le liste bloccate e viste le proiezioni di consenso attuali, le direzioni dei partiti avocherebbero a loro le primissime piazze, ovvero le uniche in grado di poter generare l’elezione a deputato o senatore. In tal caso, vi sarebbe un’ulteriore frattura insanabile tra i partiti, i territori e le basi elettorali, una lotta incrementale ed autoreferenziale tra ivari esponenti dello stesso partito. Insomma, le premesse per una ulteriore crescita dei movimenti civici e di quelli politici non strutturati.