Il 30 dicembre 2012 muore Rita Levi Montalcini, aveva 103 anni eppure la sua scomparsa ci ha colto quasi di sorpresa. Una donna straordinaria nata a Torino il 22 Aprile del 1909, pioniera nella ricerca scientifica e impegnata a valorizzare il talento soprattutto dei giovani e delle donne. Il mondo femminile ha perso
un’alleata potente in questa figura che ha saputo affermare se stessa andando contro tutti pregiudizi legati al suo essere donna, ebrea e scienziata. Racchiudere in poche righe la sua vita è impresa ardua ma non è certo la longevità a farne un esempio per tutte le generazioni. Il premio Nobel per la medicina nel 1986 spiega solo in parte la risonanza internazionale data alla notizia della sua morte. Non amava considerarsi un genio, quello che la rendeva speciale era l’enorme passione per la ricerca e la capacità di accettare le continue sfide che le si ponevano davanti. Giurava che già a tre anni avesse preso la decisione di non diventare moglie e madre e superando le resistenze paterne si iscrive a medicina e si laurea nel 1936. Sono le leggi razziali che il nostro paese introduce nel 1938, che le fanno compiere il primo passo fuori dall’Italia, a Bruxelles. Anche dopo il rientro le difficoltà non diminuiscono e la vera occasione di fare ricerca le viene offerta dagli Stati Uniti, nel ’47 si trasferisce a Saint Louis, dove rimarrà nei successivi trent’anni. La sua storia sembra così diversa dalla nostra ma lo è solo in superficie, niente sembra cambiato per i giovani ricercatori italiani che solo all’estero trovano vere opportunità di crescita. I colleghi intervistati in questi giorni parlano di un’insegnante generosa che vedeva nel risultato della ricerca il solo obiettivo, niente personalismi e una distanza dagli interessi comuni che le rendevano davvero fastidioso il consumismo della nosta società. Diceva ai giovani di pensare al futuro e il suo impegno di talent scout si esprimeva in ogni contesto, se riconosceva il talento lo valorizzava. Ferma sostenitrice del valore dell’istruzione femminile come strumento di emancipazione dei popoli, cercava di aiutare le giovani donne del sud del mondo finanziando delle borse di studio attraverso l’attività della fondazione Montalcini. La sua anzianità non è stata certo dedicata ad un meritato riposo, in una dichiarazione provocatoria disse di voler eliminare le pensioni, che sono un modo per sprecare il talento. Dal 1991 era senatrice a vita, un incarico assunto con impegno e sguardo al futuro, l’ultima azione è stata a favore della sua passione più grande, la ricerca. Voleva che “la valutazione per assegnare i finanziamenti fosse gestita da una commissione composta da ricercatori sotto i quarant’anni, di cui almeno la metà operanti in enti di ricerca non italiani. Una metodologia democratica e trasparente, adottata da anni a livello internazionale… La fuga dei cervelli non si combatte certamente rendendo ancora più difficile, se non impossibile, per chi non ha le conoscenze giuste l’accesso ai fondi della ricerca all’interno delle università e degli enti di ricerca italiani. L’Italia non può allontanarsi di nuovo dalla comunità scientifica internazionale”. A quanto risulta il Ministro Profumo ha lasciato inascoltate le sue richieste. Il rammarico espresso oggi dalla classe politica sarà privo di significato se si limiterà alla partecipazione durante il rito funebre, l’accoglimento dello spirito più profondo del suo amore per la conoscenza sarebbe l’unico modo di onorare questa grande italiana.