Ti passera’ la voglia di difendere le donne, stai attenta e guardati sempre le spalle, da questo momento questo posto non è più sicuro per te”. Un foglio carico di minacce piegato sul parabrezza dell’auto. Quando l’ha trovato Simona Giannangeli, legale del Centro Antiviolenza dell’Aquila, l’ha letto e ha rifl ettuto. Una pausa e la decisione di denunciare. Non si può restare in silenzio soprattutto quando si sa di non essere sole, quando si è consapevoli che la violenza di genere esiste e va combattuta. E’ quello che Simona fa da anni. Con la rabbia e l’indignazione è stata immediata la scelta di andare avanti, di non fermarsi, di continuare ad essere l’avvocata delle donne. Nell’aula del Tribunale dell’Aquila ha rappresentato il centro antiviolenza per le Donne ammesso quale parte civile nel corso del processo a carico di Francesco Tuccia, accusato di stupro e di tentato omicidio ai danni di una giovane donna. Un riconoscimento importante, non consueto, un contributo spiega Simona “alla crescita di civiltà giuridica, perchè un Collegio ha riconosciuto il Centro Antiviolenza per le Donne quale ente offeso dai reati contestati a Tuccia e quindi parte civile, in un paese dove altri tribunali hanno respinto richieste analoghe”. Un esserci, quello del Centro Antiviolenza, carico di significati che vanno oltre la richiesta di condanna che c’è stata. Esserci per dire che la violenza contro una donna riguarda e interroga tutti, esserci per garantire il diritto della vittima a non subire interrogatori irrispettosi: “Siamo qui perchè siamo consapevoli di come le donne stuprate o maltrattate o picchiate vengono generalmente trattate in aula e abbiamo voluto riaffermare il diritto delle stesse a non essere sottoposte a giudizio.” A L’Aquila la battaglia contro la violenza di genere ha radici antiche, nasce come impegno dell’Associazione La Biblioteca delle Donne Melusine – Centro Antioviolenza. Negli anni ’90 il centro è già inserito nell’elenco italiano e nel 2004 diventa referente del numero nazionale 1522 istituito dal Ministero per le Pari Opportunità per rispondere alle richieste d’aiuto delle donne. Un impegno costante che neanche il terremoto del 6 aprile 2009 ha fermato. Tutt’altro. Ci fu, all’indomani del sisma, una mobilitazione nazionale di donne, associazioni e singole, per sostenere Orietta, Donatella, Filomena, Anna, Serenella,Valentina , Alessia, Simona, tutte le volontarie che ieri e oggi hanno messo e mettono il loro tempo a disposizione delle donne che telefonano, che trovano il coraggio di bussare alla porta. Nella “casa” di via Alcide de Gasperi, condivisa con la Biblioteca delle Donne e l’Aied, ci sono operatrici pronte a dare ascolto e sostegno. Non è facile trovare il coraggio di denunciare. L’Italia non è più quella degli anni ’70, ma non possiamo dimenticare che fino al 1996 la violenza contro una donna era un reato contro la morale. Solo 17 anni fa, dopo un dibattito ventennale fuori e dentro il parlamento, si è riusciti a stabilire che quando una donna viene violentata è offesa quella donna, la sua integrità personale fisica e psichica, non la morale pubblica, non la società astratta. Un’arretratezza culturale che non è scomparsa e continua a far parte della nostra quotidianità. Non passa giorno senza leggere sulle pagine dei giornali cronache di donne ammazzate da mariti, amanti, padri, non passa giorno senza denunce di stupri e di molestie. La realtà delle denunce e la realtà dei silenzi, di quelle che per paura continuano a subire. Per tutto questo è stata importante la presenza del centro antiviolenza nel processo per stupro che si è concluso a L’Aquila lo scorso 31 gennaio. Ha detto Simona: ” Lo stupro ed il quasi omicidio commessi da Francesco Tuccia sono azioni che si inscrivono dentro una terribile cornice di normalità, ove risuona un pensiero comune, crudelmente ingiusto: se la ragazza fosse rimasta a casa, non le sarebbe accaduto”. Tuccia è stato condannato ma è stato anche condannato un modo di pensare che sul banco degli imputati continua a mettere le donne. Orietta Paciucci che coordina il Centro Antiviolenza spiega che ” La costituzione di parte civile ha rappresentato un’ulteriore spinta all’impegno per costruire una cultura che ripudi la violenza di genere. E’ per questo che noi stiamo lavorando molto sulla prevenzione, anche nelle scuole, con interventi specifici. Lo facciamo con passione e fatica perché non va dimenticato che i fi nanziamenti destinati al lavoro dei centri antiviolenza sono sempre più esigui.” Credono, le donne del Centro Antiviolenza, che ci voglia in grande investimento, una mutazione culturale che coinvolga tutti per costruire una nuova educazione sentimentale.