Mentre i casi di violenza sulle donne continuano a riempire le cronache dei giornali (anche a Teramo nei giorni scorsi, all’uscita di un locale, è stata violentata l’ennesima ragazza) cresce anche la reazione delle persone e delle istituzioni per contrastare il fenomeno, ma come combatterlo? Di certo
il compito non è facile, perché spesso la tragedia si annida soprattutto tra le mura domestiche, impenetrabili per chiunque voglia dare un sostegno, ma grazie alla collaborazione con le vittime, oggi, tanto si può fare, a livello legale e di supporto medico – psicologico, attraverso strutture e personale specializzato. A Teramo “La Fenice” è il centro antiviolenza che sostiene, accoglie e segue, attraverso percorsi di recupero appositi, donne che hanno subito abusi. Purtroppo a causa del mancato rifinanziamento del Piano nazionale e i drastici tagli agli enti locali i centri antiviolenza sono a rischio chiusura. La dott.sa Cristina Di Baldassarre, funzionario della Provincia di Teramo, che si occupa del centro “La Fenice” ci ha illustrato come opera e quanto sia importante salvare la struttura. Il numero di violenze sulle donne è altissimo e in crescita. Cosa sta accadendo? Non è facile valutare se e quanto il fenomeno sia in aumento; certo è che esso è in costante emersione, come ci conferma il maggior numero di denunce e l’attenzione che i media danno al fenomeno. E’ innegabile, tuttavia, che molte più donne sono disposte ad affrontare i disagi e le problematiche connesse a una denuncia e quel che ne consegue. Nel centro “la Fenice” aiutate e assistete donne in difficoltà; in che modo? Il centro ascolta ogni donna che vi si rivolge, rispettando i tempi e le volontà, aiutandola a scandagliare le proprie emozioni e disagi e a capire le cause del suo malessere. E’ un percorso in cui la donna rimane protagonista nel suo racconto e nelle sue scelte e,con strumenti idonei, possa rendersi conto della sua reale situazione, che solo lei può raccontare e interpretare fino in fondo. Come si articola il vostro percorso di sostegno? I primi incontri sono condotti dall’operatrice di accoglienza (un’assistente sociale appositamente formata) che a seguito di ripetuti colloqui individua la reale motivazione che ha condotto la donna allo sportello. E’ compito dell’operatrice infondere fi ducia e creare il clima giusto affinché la donna si fidi e si apra ad analizzare la propria situazione di vita. Poi si esamina il caso in équipe e la si indirizza alla consulenza psicologica e legale offerta dal centro stesso. Ogni caso quindi ha il suo possibile percorso, segnato da caratteristiche proprie. L’analisi è complessa e ancor di più lo sono le soluzioni e le vie per uscire dalla situazione violenta. Vengono valutate tutte le componenti che riguardano il caso, la sfera personale, affettiva e familiare della persona abusata. Cosa spinge una donna abusata a chiedere aiuto presso la vostra struttura? Al di là di situazioni conclamate di violenza fisica, le donne vengono perché sentono un disagio e un malessere e vogliono conoscerne le cause. Il primo approccio con lo sportello di ascolto è sempre di tipo conoscitivo. Sono frequenti i casi in cui ci vengono chieste informazioni sullo stalking da chi è sottoposta a particolari “attenzioni”, ad atteggiamenti persecutori. Purtroppo, però, circa il 90% delle violenze sessuali non viene denunciato, perché? Lo stupro a opera di sconosciuti viene denunciato molto più spesso rispetto al passato ma, non dimentichiamo che, nell’opinione pubblica, c’è una parte che giudica e colpevolizza la donna, anche quando è sottoposta a una violenza così atroce. Ancora più diffi cile è decidere di denunciare una violenza subita nel rapporto di coppia. Soprattutto se ci sono dei figli la donna è ancora più trattenuta nel denunciare perché significherebbe coinvolgerli in una situazione in cui dovranno riconsiderare la figura del padre, se è lui l’abusante. Quanto è importante per una donna maltrattata l’aiuto di persone specializzate? E’ fondamentale, in quanto la metodologia e l’approccio giusto sono i soli utili a dare alla donna la fiducia necessaria in se stessa affinché si riconosca protagonista in ogni decisione che la riguardi. I centri antiviolenza funzionano, eppure rischiano la chiusura; cosa signifi cherebbe questo per le vostre pazienti e per le donne che in futuro potrebbero trovarsi in difficoltà? Nella stragrande maggioranza essi sono nati grazie all’impegno di associazioni femminili; quelli che fanno capo a Enti Locali come nel caso de “La fenice” sono veramente pochi. Tutti i centri, però stanno subendo la stessa sorte: diminuzione dei servizi e delle ore di apertura e per alcuni rischio di chiusura. E’ necessario che si arrivi all’approvazione di norme che configurino i centri antiviolenza tra i servizi essenziali di ogni comunità. Serve una svolta culturale che porti tutti a considerare che la violenza di genere si combatte solo con due armi: la cultura della differenza di genere e servizi specifici di prevenzione e cura. E’ stata promossa una raccolta fondi per salvare il centro; c’è stata una risposta positiva? Si, siamo nel vivo della campagna di raccolta e le prime risposte sono confortanti; da evidenziare è che i segnali arrivano proprio dalla comunità civile e da organismi composti per la maggior parte da uomini. Al di là del risultato economico, fondamentale è l’aver acceso i riflettori sul tema. Cosa occorre a suo parere? Un cambiamento culturale rispetto alle differenze di genere è fondamentale per arginare il fenomeno e deve coinvolgere gli uomini quanto le donne in ogni ambito ed età della vita. La scuola è sicuramente uno dei luoghi privilegiati dove trattare il tema della violenza, del rispetto della persona e delle differenze e noi de “La Fenice”, grazie anche alla collaborazione della Procura di Teramo ci siamo recati nelle scuole per dare queste informazioni. Sono necessari, però, fi nanziamenti su scala nazionale che mettano a sistema il funzionamento dei centri in ogni territorio, senza che ci si debba affi dare al fatto che per buona sorte ci tocchino attenti amministratori locali. Cosa si sente di dire a tutte le donne e in particolare a quelle che in questo momento non hanno il coraggio di denunciare e farsi aiutare? Chi vive un disagio, un malessere all’interno di una relazione, chi anche solo percepisce che un compagno, un parente, un conoscente pretende qualcosa che la fa stare male ne parli con qualcuno. Presso i centri antiviolenza è possibile trovare operatori preparati con i quali analizzare la situazione; decidere di parlarne è solo il primo più importante passo. Tutti i servizi messi a disposizione dal centro sono completamente gratuiti e viene garantito l’anonimato.