Medici ed infermieri vorrebbero dire la loro,
ma non possono. Per effettuare un’intervista devono essere autorizzati dalla Asl e a causa delle lungaggini burocratiche per ottenerla, che si scontra con gli stretti tempi giornalistici, non è stato possibile – per il momento – fare altrimenti. Gli unici autorizzati sono i rappresentanti sindacali; Prima Pagina ne ha interpellati alcuni che hanno risposto con grande cortesia, ma non hanno voluto rilasciare dichiarazioni. Spiluccando qua e là si sentono alcune affermazioni che riguardano un rapporto non sempre felice coi medici di base, spesso ‘assenti’ nella cura del malato; la gestione del lavoro è in sotto numero e spesso occorrestare contemporaneamente sia negli ambulatori che in sala operatoria. Non mancano lagnanze anche da parte degli infermieri, attualmente coadiuvati dagli allievi i quali, però non possono fare molte cose di chi è già qualifi cato. Inoltre la domenica non ci sono. Alcuni reparti sono stati accorpati e lì dove c’erano dodici pazienti e due infermieri ora ci sono ventiquattro degenti e lo stesso personale. In quanto alle “risposte scocciate” da parte dei dottori, è il cane che si morde la coda: i pazienti si spazientiscono, i medici sono anche loro essere umani ed a volte si assiste a siparietti poco edificanti. Per quanto concerne le urgenze, occorre mettere un freno, perché molti si fanno inserire tale dicitura onde saltare le liste d’attesa, e così s’incappa in cartelli quanto meno pittoreschi come quello che questo mensile ha evidenziato nel n.27. I medici evidenziano, inoltre, la perdita di tempo per questioni non propriamente cliniche, quali il riempimento di documenti, carte et similia che potrebbero essere riempite tranquillamente anche da ‘civili’, ma la Aal non assume per i soliti problemi di budget. La questione è aperta e spesso i problemi restano irrisolti; aveva forse ragione quell’attore che ne “Il medico della mutua” dell’indimenticato Alberto Sordi, alle altisonanti parole del ‘primario’ sui problemi che poneva la mutua stessa, diceva ad un orecchio di Tersilli: “Parla bene lui che si prende 30mila lire a visita! (il film è del 1968)”.