Nato da un’idea della dott.ssa Vittoria Doretti
nel 2009, il “codice rosa”, che affianca gli altri codici gia’ in uso nell’accettazione in Pronto Soccorso, è un percorso molto speciale che viene assicurato alle persone “deboli” che sono state vittime di un abuso. Adottato con successo dalla Asl 9 di Grosseto, esportato a tutte le province toscane, all’estero (Haiti e Rep. Dominicana), premiato dal ministro dell’Interno Anna Cancellieri e all’attenzione di altre Regioni del territorio nazionale, il percorso del codice rosa si avvale di una task force interistituzionale nata dalla collaborazione della Asl e dalla Procura della Repubblica costituita da un nucleo operativo composto da magistrati, forze dell’ordine, personale sanitario come medici, infermieri, assistenti sociali, inserendosi all’interno della rete provinciale antiviolenza e integrandosi con altri soggetti, i quali, ciascuno con il proprio ruolo e nelle proprie competenze, contribuiscono a combattere il fenomeno.
Il “codice rosa” si attiva ogni volta che si presentano casi collegabili a episodi di abusi, anche non dichiarati apertamente e apre un percorso speciale che mira a garantire sostegno alle vittime. Il progetto si è rivelato un successo; i casi sono in aumento e ciò sta a significare una progressiva presa di coscienza delle vittime di “parlare” e la maggiore capacità degli operatori di riconoscerle e metterle nella condizione di chiedere aiuto. La dott.ssa Vittoria Doretti ci ha illustrato questo progetto pioneristico e importante.
Com’è nata l’idea del “codice rosa”? Inizialmente partecipavo al progetto “SOS donna; poi, parlando con un procuratore ho appurato che nelle procure di tutta Italia ci sono magistrati che si occupano di “fasce deboli” e mi sono resa conto che la violenza colpisce le donne, ma non solo. E, inoltre, enti diversi che si occupano dello stesso problema, pur avendo i mezzi necessari, non dialogano abbastanza. C’era la necessità di un lavoro di squadra con una procedura unica.
Quando parla di “fasce deboli” cosa intende? Intendo chiunque si trova in una situazione di debolezza intesa come difficoltà a uscire da situazioni di violenza. Può accadere che nella nostra vita si può incontrare il disagio di rendersi conto di essere vittime e così è necessario un sostegno. I destinatari del codice rosa sono donne, ma anche bambini, anziani, uomini, omosessuali, immigrati, disabili, chiunque sia stato vittima di un abuso. Il colore “rosa” sta a indicare la rosa bianca delle vittime.
Quando a un paziente viene riconosciuto il codice rosa come agite nel percorso terapeutico? Quando arriva un dichiarato o sospetto “codice rosa”, il paziente viene trasferito in un settore apposito del pronto soccorso. Il tutto si articola in tre fasi importanti: un’accoglienza diversa, l’assistenza speciale in una stanza apposita e un’equipe specializzata che lo segue. In cosa consiste l’assistenza speciale”? La vittima viene trasferita in una stanza dove c’è assoluta privacy e tempi prolungati proprio per metterla nella condizione di parlare o a noi di capire. Se viene riscontrata la violenza, il percorso rosa continua anche con l’eventuale assistenza di personale della task force e la possibilità di denunciare il reato subito. Indirizziamo chi ha subito abusi anche con un attento recupero delle prove e con la collaborazione attiva tra Procura e Pronto soccorso. Tutto avviene senza costi aggiuntivi. Sia l’equipe che i dipendenti dell’ospedale sono formati per proteggere, salvaguardare e aiutare la vittima. Il tutto avviene in un ambiente sereno. Il paziente rimane nella stanza e gli specialisti richiesti ivi si recano solo dopo esserci stato il filtro e controllo della task force del codice rosa. Tutto viene fatto affinchè il percorso sia meno traumatico per la vittima.
Quanto è importante questo trattamento al fine di far scattare la forza di farsi aiutare? E’ fondamentale. L’elemento più importante è di non forzare la vittima; essa ha bisogno di tempo e spesse volte di trovare qualcuno che intuisce il suo stato di disagio e la aiuta a rivelarlo. Il nostro obiettivo è di non farla sentire sola, senza che possa subire giudizi o pregiudizi. E’ necessario spezzare l’alone di solitudine in cui vive chi subisce violenza. Il codice rosa ha travalicato i confini nazionali approdando ad Haiti e nella Rep. Dominicana; com’è stata quest’esperienza? Bellissima. Oggi sento di avere due squadre: quella a Grosseto e quella oltreoceano. Da loro ho imparato molto. Sono tornata ricca umanamente e professionalmente di valori, pensieri, idee. E’ come se tutto il mondo fosse un’unica forza per combattere l'”orco”.E’possibile sconfiggere l’ “orco”della violenza? Il nostro obiettivo è questo. Il lavoro di squadra è un lavoro formativo, di unione perché l’orco si combatte insieme e con tutte le nostre forze. La task force è una squadra di “piccoli” che lo sfidano e vogliono annientarlo.
Come prosegue il suo progetto? Il nostro progetto è un work in progress; c’è sempre da migliorare e ci vengono proposte nuove sfide. Sicuramente rappresenta un cambiamento culturale all’interno dell’istituzione ospedaliera, una crescita importante. La soddisfazione più grande è il sorriso di una vittima che abbiamo aiutato; mi ripaga di tutto.