“I videogiochi non sono affatto cattivi come li si è fatti apparire fino a oggi. Questo ha qualcosa a che vedere col fatto che la maggior parte delle informazioni di cui siete in possesso sui giochi provengono da scrittori, politici, psicologi e avvocati: tutta gente che non ha mai preso in mano un videogioco”. Così recita Marc Prensky, scrittore americano reso
famoso dai suoi studi sull’apprendimento digitale. Prensky spiega come ci siano giochi che possono tranquillamente essere associati all’attività educativa di un minore (ma anche dei più grandi) per le loro caratteristiche specifiche e gli interessanti spunti che possono spronare l’apprendimento in maniera creativa e non convenzionale. Per citare alcuni esempi, prendiamo Civilization, un gioco strategico che ci fa vivere la Storia dal suo interno: a comando di un popolo dell’antichità, il giocatore si trova ad espandere e guidare il suo impero attraverso vari periodi storici, dalla preistoria al prossimo futuro, seguendo passo per passo l’evoluzione tecnologica e culturale del proprio popolo. Oppure si può imparare la biologia con Spore, gioco che ci mette tra le mani un organismo monocellulare che dovremo far crescere attraverso vari stadi dell’evoluzione, facendolo adattare all’ecosistema e guidandolo fino alla conquista dello spazio. Per sviluppare la coordinazione tra occhi e mani e stimolare l’orecchio musicale c’è Guitar Hero, dove ci verrà data la possibilità di suonare alcuni dei più grandi successi musicali con il controller a forma di chitarra elettrica. Tanti strumenti utili, dunque, per conoscere meglio il presente ma anche il passato. Di sicuro un videogioco non sostituisce la formazione classica che si ottiene con una normale vita da studente, ma di certo può essere un ottimo e valido aiuto allo sviluppo della cultura e delle capacità dei più piccoli e non, ed è ingiusto demonizzarlo. Videogiocare è un’attività interessante, formativa e che favorisce la socializzazione, molto più di altre forme di intrattenimento che vengono propinate ai bambini di oggi. Dopotutto, quand’è l’ultima volta che la TV ha fatto qualcosa di utile per vostro figlio?