Ci diranno i prossimi, incalzanti avvenimenti se è finita la cosiddetta seconda repubblica. E’ comunque certo che le elezioni del 25-26 febbraio hanno assunto un valore periodizzante. Paradossalmente ha tenuto il bipolarismo tradizionale nei confronti del “terzo polo” montiano, capace di sbagliare
quasi tutto lo sbagliabile nell’arco di poco meno di un mese. Ma i due poli tradizionali escono fortemente ridimensionati. Se la rimonta di Berlusconi ha quasi eroso la distanza con l’altro polo, il centro sinistra, ha comunque ottenuto il premio di maggioranza alla Camera, il Movimento Cinque stelle si è affermato come vero terzo polo. Ma la novità è la sua (auto) collocazione, non sull’arco destra-sinistra, ma su quello dentro-fuori. Nelle due Camere infatti si sono collocati “sopra”, nella parte alta dell’emiciclo. Questo introduce, dentro il sistema politico, una dimensione verticale, inedita e ovviamente destabilizzante. Perché basata sulla “diversità”. La “diversità” affermata da Grillo vuol essere delegittimazione degli altri, i “vecchi”. E questo accentua il problema strutturale di tutta la cosiddetta seconda repubblica, che non le aveva mai permesso di trovare un assetto stabile ed aveva prodotto successive alternanze “per disperazione”. Quando non ci sono alternanze un sistema è bloccato e rende poco. Ma quando ce ne sono troppe significa che non funziona bene, che non produce risultati. In realtà il sistema che ha retto dal 1994 portava con sé un problema strutturale di “legittimazione”. Nato intorno alla figura di Berlusconi, come reazione alla fine traumatica della cosiddetta prima repubblica ed alla proposta di successione guidata dal Pds, infatti, il sistema si è strutturato sulla speculare creazione, sempre in quell’anno, di una coalizione anti-berlusconiana, che ha utilizzato proprio questa (potente) molla, cioè la non legittimazione del concorrente, lungo tutto l’arco di quasi un ventennio. Il sistema elettorale garantiva comunque una maggioranza parlamentare, all’uno o all’altro, in un quadro di competizione binaria. Tutto questo è finito. Anche per vistosa assenza di risultati positivi, a fronte di costi crescenti ed insopportabili. Il nuovo polo si auto colloca “altrove” e rifiuta qualsiasi accordo politico. Perché gioca la carta della non legittimazione di tutti gli altri. In realtà questi risultati elettorali fotografano con realismo la situazione del Paese e i sentimenti dei cittadini, tra vecchie appartenenze, smarrimento, crisi economica e istanze di forte cambiamento, prima di tutto nei modi e nei costi della politica, eccessivi e inconcludenti. I cittadini si sono espressi e hanno evitato plebisciti ed investiture. L’Italia è un paese variegato e complicato, tanto più oggi, nel vivo di una crisi che morde forte. E’ bene che questo sia emerso con forza. Con un voto molto articolato, che non si può rinchiudere in schemi di scuola, gli elettori costringono le forze politiche vecchie e nuove e i nuovi parlamentari a fare politica. Paradossalmente un voto per cui molti sbrigativamente parlano di “antipolitica” costringe alla politica, quella vera, che serve a risolvere i problemi intricati e ad indicare prospettive, partendo però e sempre arrivando al concreto della vita reale e dei problemi dei cittadini. Che vogliono essere rappresentati senza essere stressati, nella scrupolosa salvaguardia e sviluppo della democrazia. Insomma, è il momento di fare i conti con il principio di realtà. Basta con le chiacchiere. L’alternativa è la decadenza dell’Italia come sistema-paese e lo squagliamento del sistema politico. Dentro Cinque Stelle infatti ci sono istanze programmatiche le più diverse, spesso riconducibili alla cosiddetta “nuova sinistra”, ma soprattutto un forte movimento di protesta, dagli esiti imprevedibili. Gli elettori hanno suonato la campanella dell’ultimo giro: attendono risposte.