Presso l’Università di Teramo, organizzato da Padre Francesco Malara della Pastorale Universitaria, il 13.11.13 si è svolto il seminario dal titolo “Giustizia per le donne: riflessioni su diritto e sessualità”. Con la moderazione della Dott.ssa Maria Gabriella Esposito, e gli interventi dell’Avv. Gianfranco Puca, sui “Profili giuridici di tutela della vittima di maltrattamenti e violenza” e del Prof. Guido Saraceni, sugli “Aspetti filosofici ed antropologici”.Ad entrambi abbiamo rivolto alcune domande per approfondire l’argomento. Avvocato Puca, con sempre maggiore frequenza si leggono notizie di stalking contro le donne, ma cosa si intende con tale termine? Il termine, che deriva dall’inglese to stalk, ovvero «inseguire, fare la posta alla preda» evidenzia bene la condotta incriminata. Perché ci sia reato (ex art. 612 cp) è necessaria, in primo luogo, la reiterazione della condotta criminosa, rappresentata da minacce e/o molestie che possono essere realizzate secondo una molteplicità di forme idonee. Oltre a ciò è necessario il verificarsi di almeno uno degli eventi indicati dalla norma:a) il perdurante e grave stato di ansia o di paura nella vittima; b) il fondato timore per l’incolumità propria, di un prossimo congiunto o di persona legata alla vittima da una relazione affettiva. La recente legge (anti- femminicidio) ha previsto un aumento di pena se il fatto è commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici;
Esistono strumenti per prevenire il reato di stalking? Si. La legge del 2009 che ha introdotto il reato di atti persecutori (stalking) prevede lo strumento dell’ammonimento. La vittima di stalking, prima di depositare la querela, può rivolgersi all’autorità di pubblica sicurezza e fare richiesta di ammonimento nei confronti dell’autore della condotta persecutoria; in altri termini la vittima deve solo compilare un modulo in cui fa presente i comportamenti persecutori subiti. Il Questore, dopo aver convocato il presunto stalker e raccolto informazioni, può rigettare l’istanza o emettere il provvedimento di ammonimento; il Questore può quindi diffidare il persecutore a tenere una condotta conforme alla legge e ad astenersi, per il futuro, dal compiere atti persecutori di qualsiasi natura nei confronti della vittima. Le conseguenze dell’ammonimento sono di natura penale e processuale: la possibile sospensione dell’autorizzazione per la detenzione di armi; l’aumento della pena in caso di condanna per il reato di stalking; la procedibilità del reato d’ufficio (altrimenti perseguibile solo a seguito di querela di parte). Che opinione si è fatto sull’efficacia normativa del decreto anti femminicidio? Il DL 93/2013 è stato contestato per la sua natura “omnibus”, poichè in esso vi sono non solo norme di tutela penale, ma anche altro genere di misure, su 11 articoli 5 sono sul contrasto al femminicidio. Personalmente ritengo che lo strumento normativo scelto non sia il più adatto, e inoltre, la scelta di inasprire le pene non è l’opzione migliore perché un fenomeno delicato come la violenza di genere non può essere combattuto solo con lo strumento penale, ma attraverso processi culturali e informativi, per combattere il fenomeno alla radice e non solo cercare di mitigarne gli effetti. E’ necessario che la cultura trasmetta il valore della vita, e il rispetto di essa, abbandonando i concetti di possesso e dominio, spesso origine di tali reati.
Prof. Guido Saraceni, sotto quale profilo la legge prendere in considerazione la differenziazione sessuale? Il diritto nasce con la differenziazione sessuale. Prima ancora che sulle tavole di pietra, la legge viene inscritta sulla carne dei consociati -Kafka l’aveva capito benissimo, basti pensare al racconto “Nella colonia penale”. Tutte le società hanno sempre provato a trovare un ordine -a trasformare il caos in cosmo- partendo dalla differenza tra maschi e femmine e suddividendo di conseguenza i luoghi, i tempi e le mansioni sociali. La letteratura antropologica sul punto è davvero sconfinata: generalmente, le femmine del villaggio sono raccoglitrici, mentre gli uomini sono cacciatori; le prime cantano canti collettivi in cui si narrano le fatiche del parto e la cura della casa, mentre i secondi cantano canti individuali che narrano gesta eroiche compiute in battaglia; le prime possono utilizzare il canestro e gli altri oggetti di uso domestico, mentre i secondi hanno il monopolio delle armi. Le società primitive hanno saputo escogitare anche alcuni stratagemmi per gestire le situazioni limite (di chi non si trovasse a suo agio con questo tipo di ripartizione), e seguire liberamente le proprie inclinazioni. In che modo l’Occidente ha saputo pensare il problema della violenza sessuale? Le nostre radici culturali sono essenzialmente elleniche ed ebraico-cristiane. Per quanto riguarda la società greca, credo che il mito del centauro risulti parecchio significativo. I centauri non conoscono altro modo di rapportarsi al corpo femminile che non sia lo stupro perché nascono a loro volta a seguito di una violenza, conservando per sempre lo stigma di essere stati concepiti senza carità e amore. I centauri sono essenzialmente maschi e sono incapaci di gestire le proprie pulsioni. Per questo motivo, l’eroe Eracle sarà costretto a uccidere il centauro Nesso con una freccia avvelenata. I greci credevano che la costruzione e la difesa della società civile richiedesse la soppressione dei più bassi istinti maschili.
Il Cristianesimo ha portato una evoluzione in relazione alla funzione della donna, ovvero in relazione alla parità tra uomo e donna? Senza ombra di dubbio. Basti pensare al divieto del ripudio stabilito da Cristo. Sul ruolo della donna nel cristianesimo si leggono spesso molte sciocchezze. Ad esempio, si usa dire che la religione cristiana discrimina e condanna la figura femminile, dato che fu Eva a porgere ad Adamo la mela; oppure, si punta l’attenzione sul fatto che le donne non possono celebrare la messa. A mio avviso si tratta di un grande fraintendimento, una colossale sciocchezza. La verità è che Cristo ha sempre trattato con estremo rispetto e carità tutte le donne che ha incontrato sul suo cammino, pronunciando una delle sue massime più profonde per evitare che fosse lapidata una adultera. Se l’idea per cui la religione cristiana discrimina le donne dipende da ciò che in passato può aver detto o fatto la Chiesa, invito tutti a considerare il contesto storico in cui sono stati compiuti certi atti o elaborate determinate teorie.
Ancor di più, io inviterei a considerare quale ruolo spetti a Maria all’interno del disegno divino: per poter operare nel mondo e salvare l’umanità, il Dio dei cristiani ha avuto bisogno della fattiva mediazione di una donna.
di Antonella Lorenzi