Mentre dalla tv impazzano gol e risse calcistiche, in una fredda serata teramana con Alberto Melarangelo si approfondisce un problema annoso di Teramo: il teatro romano. “Si tratta di una vicenda che parte già dai primi del 1900 quando cominciarono ad affiorarne i resti.
Ovviamente era attorniato da palazzi e occorrevano interventi. Cominciarono, infatti, i primi progetti di messa in luce. Si capiva che era un’opportunità da non perdere, allora come oggi!” Una piccola pausa, riprendiamo: “Come puoi immaginare, avere un teatro romano è un vanto che non capita a tutte le città e può innescare tutta una strategia di rilancio culturale. Anche il grande Francesco Savini (archeologo teramano, ndr) se n’era occupato. Nell’era fascista, cultrice della romanità, ci fu la demolizione di molti abitati di quella zona proprio per mettere tutto in luce. Negli anni ’60, Gambacorta sindaco, il quartiere del teatro subì ulteriori modifiche. Furono scoperte le pietre delle arcate, inglobate dai caseggiati. Quelle pietre furono smontate e catalogate dalla Sovrintendenza ai Beni Culturali.” Alberto addita: “Tieni bene a mente queste pietre ché tra poco torneranno protagoniste della vicenda… Comunque, dicevamo, negli anni ’90 il problema torna di attualità e qui Teramo Nostra ha giocato un ruolo importante per la sensibilizzazione della cittadinanza e delle parti politiche. Come sai, erano due i palazzi sorti sull’area: Palazzo Adamoli e Palazzo Salvoni. L’allora centro-sinistra, sindaco Sperandio, fece malauguratamente scadere i termini della prelazione, ovvero il diritto di acquisto degli stabili a prezzo anche ribassato. Una cosa indecente: ecco i primi risvolti inquietanti della vicenda. Stiamo parlando del 1998. La giustificazione fu l’aver consegnato la domanda con un’ora di ritardo: roba da non credere… il teatro romano è la storia delle occasioni mancate. Neanche a dirlo quei palazzi furono acquistati da privati e di lì rivenduti alla Regione per tre volte il prezzo precedente. Acquisirli fu, tuttavia,un bene non da poco: merito alla Regione.” Quindi, era di nuovo tecnicamente possibile recuperare il teatro? “A questo punto -risponde il consigliere -torna a farsi sentire la Sovrintendenza, autrice di scempi nella nostra città, si veda la copertura di piazza Sant’Anna che ha letteralmente umiliato l’antica cattedrale teramana. Tra l’altro alla Sovrintendenza lavorano persone del tutto incompetenti e senza i necessari titoli di studio. Le assunzioni sono bloccate ormai da anni e professionisti meritevoli non possono assolutamente entrarvi. Davvero in Italia ci vorrebbe una rivoluzione liberale. Ma non perdiamoci: la Sovrintendenza torna alla carica, il progetto è proprio quello di smontare i palazzi (e non demolirli brutalmente) proprio per non recare danno alcuno alla struttura romana. Ebbene che cosa fanno? Smontano metà palazzo Adamoli, restaurano l’altro palazzo e bloccano i lavori. Si può credere? Deviano completamente dal progetto con un’arroganza che rasenta l’assurdo! Nessuno sa dare risposte e la Sovrintendenza addirittura rifiuta di darne. Cioè, hanno usato soldi pubblici per fare una cosa estranea al progetto e oltretutto estranea alla volontà popolare espressa dal sindaco. Un’altra occasione mancata. E siamo a due.” Oggi com’è la situazione? “Negli ultimi tempi Brucchi aveva ribadito più volte la volontà di recuperare l’area per rimetterla in funzione. Si era addirittura creato un tavolo tecnico che coinvolgeva tutte le parti in causa. A disposizione da parte della Sovrintendenza c’erano circa 1.600.000 euro. Questa volta esige di visionare il progetto e si scopre che la demolizione dei palazzi non è più una priorità e 500.000 euro sono destinati unicamente al trasferimento delle antiche pietre (quelle di prima) dal sito del teatro fino al sito archeologico della Cona, che tra l’altro e’ abbandonato. A questo punto è evidente che qualcosa non va, tanto più che l’appalto viene dato con il 50% di ribasso… sicura premessa all’interruzione dei lavori e quindi non è assolutamente certo (anzi!) che quel luogo torni ad essere usato come teatro. Le premesse dicono chiaramente il contrario. È chiaro che quelle pietre una volta spostate non torneranno piu’. Per questo con Teramo Nostra si è chiesto di poter fare una variante del progetto ed evitare lo spreco di quei soldi pubblici. Quelle pietre devono essere lasciate lì e anzi occorre riutilizzarle per il restauro, come si fa in qualsiasi altra parte d’Italia. Sembrava che fosse stata accolta positivamente questa richiesta, appoggiata e caldeggiata dallo stesso Sindaco alla Sovrintendenza. Ma all’inizio dei lavori, iniziati guarda caso di notte, la prima mossa è stata proprio lo spostamento delle pietre. A quel punto alcuni si sono messi di fronte ai camion, in protesta.” “Ah dimenticavo -soggiunge Melarangelo – La fi ne dei lavori sarà giugno 2012… tu ci credi? Io credo che dovremo tenerci quello scempio di barricate ben oltre due anni…” Concludiamo con le parole del grande Mario Monicelli che ha appena scelto di chiudere la sua partita con l’esistenza. Sono rivolte ai giovani: “La cultura è l’unica attivita’ della nostra penisola che ha ancora una sua validità all’estero. I giovani non devono rassegnarsi, non devono limitarsi a protestare. Protestare sì, ma scendere, muoversi, spingere e anche usare la nostra forza giovanile e la vostra, perché io non ce l’ho, per sovvertire le cose come stanno andando a casa nostra e in tutto il nostro occidente.”