Parla la psicoterapeuta Valeria Valiante. Come l’anziano vive il presente? L’anziano è la persona che e’ abituata e vuole fare le stesse cose ogni giorno. Il fatto di vivere e di ripetere gli stessi gesti non e’ altro che un meccanismo di difesa. Il suo stile di vita metodico diventa uno schema tranquillizzante che lo protegge dall’ansia. Mancando la progettualità
del futuro egli si vede al termine della vita e si sente limitato. La sensazione di solitudine che ne scaturisce è data dalle modifiche a livello biologico miscelata ad una paura di quello che sta per arrivare. L’anziano, oggi. L’anziano si sente solo, non riveste piu’ il ruolo del saggio e punto di riferimento della famiglia come poteva essere trent’anni fa. Oggi, cambiando lo stile di vita, cambia anche il modo di approcciarsi alla famiglia con differenze per quanto riguarda diritti e doveri. Questo tipo di società tende ad allontanare l’anziano che non riesce ad inserirsi nei nuovi meccanismi sociali. Chi, all’interno della famiglia, propone per primo l’aiuto di una badante? Spontaneamente un anziano non dira’ mai “voglio una badante”, è chiaro che preferirebbe avere l’affetto e l’amore di un figlio che si prende cura di lui. Perché questa scelta? Perché è il minore dei mali. Far sentire un anziano genitore isolato ed allontanato, come in una casa di riposo, dove non sviluppa relazioni affettive e si trova a vivere in una stanza anonima, non è l’interesse di un fi glio. Il discorso delle badanti è migliore perché fa rimanere l’anziano con quelle che sono le sue abitudini, spazi ed esigenze di vita. Chiaramente una badante rappresenta per l’anziano una persona che non riguarda il suo passato e di conseguenza non rappresenta un legame affettivo, questo all’inizio può risultare traumatizzante. Se poi la badante viene anche da un paese straniero le difficolta’ aumentano perché l’anziano ha bisogno di una persona che sta ad ascoltarlo nei suoi racconti del passato, in quanto conserva una memoria a lungo termine molto più sviluppata rispetto ad un giovane. Trovarsi davanti una persona che non sa ascoltarlo e non lo capisce, anche a livello culturale, contribuisce ad uno stato di isolamento. L’aspetto psicologico di una badante straniera? Si hanno delle difficolta’ se una persona emigra dal proprio paese sentendosi costretta ad allontanarsi dalla propria famiglia per poi ritrovarsi ad avere come unica possibilità, per vivere, quella di dover fare come lavoro la badante. Questo tipo di lavoro è molto pesante, perché l’individuo si ritrova a dover organizzare e gestire un’altra persona sconosciuta e per di più in un ambiente che non conosce affatto. Possono venire fuori tutta una serie di difficoltà che portano una persona ad agire male, ma questo accade spesso anche in determinate situazioni familiari. Credo che le difficoltà possano essere maggiori, ma credo anche che dipenda tutto dal fattore personale e dalla relazione che si riesce ad instaurare tra gli interessati. Personalmente ho avuto modo di vedere delle relazioni che si sono instaurare nonostante la badante non conoscesse bene la lingua, l’importante è avere voglia di comunicare e non sentire questo lavoro come un peso. Un giusto approccio al “tempo che corre”? Dovremmo fermarci un attimo tutti quanti per goderci i piccoli momenti che abbiamo. Anche un anziano che ha alle spalle un lungo trascorso, se si ferma a pensare non a quello che ha fatto di male ma a quello che ha costruito, credo che la qualità della vita possa essere migliore. Oggi siamo sempre troppo alla ricerca frenetica di qualcosa, di un desiderio, non ci fermiamo a pensare a quello che abbiamo di bello davanti. Poi, ti ritrovi ad ottant’anni che ti domandi :“che ho fatto?”. Io la vita la assaporerei lentamente.