Nel risveglio della politica, in un sussulto di ritrovata energia, quella locale scopre la voglia di “fare”. Da destra a sinistra, tutti pronti a sciorinare buoni propositi per “l’anno che verrà” . Come in ogni periodo pre-elettorale che si rispetti, asfalti, ponticelli, staccionate, potature e banchetti scolastici (ma solo per pochi fortunati) trovano finalmente posto nei magri bilanci comunali dopo aver atteso per anni in coda alle priorità.
E con il “vestito nuovo”, o semplicemente riadattato, i politici vanno a caccia dell’elettore, sfiduciato, disilluso, rassegnato all’ennesima girandola di promesse che ognuno di loro ci farà. Sui muri della città giganteggiano già sorrisi smaglianti, braccia tese, amichevoli strette di mano, e sguardi evocanti arringhe grintose a nostro uso e consumo. Questa campagna elettorale sta mostrando, tragicamente e grottescamente lo stato di povertà di idee e di contenuti che ha caratterizzato anche la vita cittadina degli ultimi anni. Nessun progetto, nessuna visione, nessun futuro. L’appiattimento di una politica che “sta”, in attesa di un segno, un’indicazione e un nuovo leader dietro il quale accodarsi. Ma c’è qualcuno che parli del rilancio del ruolo di Teramo capoluogo? E dei quartieri? Che potrebbero rappresentare nuove opportunità di commercio e artigianato? A come collegare meglio o più efficientemente periferie e centro? E poi la cultura, il recupero dei siti degradati, insomma la città in cui vorremmo vivere (bene), cosa dovrebbe avere? E i teramani? I più ottimisti sperano in futuri concreti progetti che non si rivelino illusionismi di facciata. Tra i pessimisti, chi ha voglia di fare se ne va o medita di emigrare, mentre gli altri fanno “le vasche”, si lamentano di tutto e poi andranno a mettere la “x” sulla foto dell’amico di sempre.
PrimaPagina edizione Aprile 2014- dir Mira Carpineta