Con sentenza n. 10981 del 13 maggio 2009, la sezione tributaria della Corte di Cassazione ha definitivamente affermato l’orientamento antielusivo secondo cui è precluso al contribuente il conseguimento di vantaggi fiscali mediante l’utilizzo distorto – pur se non contrastante con alcuna specifica disposizione – di strumenti giuridici idonei ad ottenere una mera agevolazione fiscale o un risparmio d’imposta, in assenza di ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino l’operazione.
Si tratta del c.d. abuso del diritto tributario – che trova il proprio fondamento nei princìpi costituzionali di capacità contributiva e di progressività dell’imposta (art. 53 Cost.) – e determina l’inopponibilità (ossia, l’inefficacia) dell’operazione nei confronti dell’Amministrazione finanziaria, per ogni profilo di illegittimo vantaggio tributario che il contribuente pretenda di far discendere dal comportamento elusivo. L’aggiramento della norma fi scale, precisamente, può riguardare tutti “… gli atti, i fatti e i negozi, anche collegati tra di loro, privi di valide ragioni economiche, diretti ad aggirare obblighi o divieti previsti dall’ordinamento tributario e ad ottenere riduzioni di imposte o rimborsi, altrimenti indebiti …” (art.37 bis, 1°comma, D.P.R. 600/’73). La teoria dell’abuso del diritto tributario è tutt’oggi consolidata non solo nella giurisprudenza, ma anche nelle risoluzioni adottate dall’Agenzie delle Entrate, secondo cui l’obiettivo principale del fisico è quello di raggiungere il massimo possibile di tax compliance, e cioè il più alto livello di adesione spontanea agli obblighi tributari, anche mediante la repressione di pratiche fraudolente. A livello comunitario, inoltre, si registra l’adozione di provvedimenti normativi che, sempre più spesso, presentano norme di chiusura di carattere antielusivo e, d’altro canto, è la stessa Corte di Giustizia dell’Unione Europea a censurare tutte quelle operazioni, poste in essere da intermediari o operatori economici, dirette a conseguire, in via principale, un mero vantaggio tributario, in contrasto con l’obiettivo fiscale perseguito dal legislatore. Occorre, tuttavia, sottolineare come il concetto di abuso non s’identifichi automaticamente con l’ottenimento di un vantaggio fiscale, dal momento che è assolutamente legittimo scegliere, tra diverse operazioni lecite, quella meno onerosa per il contribuente. Ed infatti, è la stessa Corte di Cassazione ad avere recentemente precisato – nella sentenza n.20030 dello scorso 22 settembre – come l’esistenza di valide ragioni economiche, anche illecite, non consentono, per ciò solo, la configurazione di un abuso del diritto in materia tributaria: l’abuso sussiste, segnatamente, solo in presenza di un vantaggio predominante in riferimento all’operazione oggetto di verifica, con la conseguenza che sarà onere dell’amministrazione fi nanziaria provare e documentare il raggiungimento di tale beneficio economico. Roberto Santoro (Magistrato)