Il rettore D’Amico manifesta sempre un forte ottimismo: recentemente si è detto certo il poter
mantenere due stipendi, quello di Uniteramo, circa 100mila euro, e quello dell’Arpa, 56mila euro; più di un anno fa se ne uscì con la certezza che l’Istituto musicale Braga sarebbe stato nazionalizzato; e nell’agosto scorso parlò di due milioni di “bilancio consolidato” per Uniteramo, notizia ricircolata in tempi recenti in relazione alle sue possibili dimissioni da Rettore. Nessuna di queste esternazioni, tuttavia, ha o aveva fondamento, o a essere ottimisti, fondamento certo. Per quel che riguarda le due cariche di Rettore e di Presidente dell’Arpa, prima di tutto c’è da verificare la questione della compatibilità tra i due incarichi: infatti l’ARPA è una società a prevalenza di capitale pubblico, e dunque il desiderio di D’Amico di mantenere le due cariche osta con il DPR 382 del 1980, ancora in vigore, che all’art. 11 recita che “il regime d’impegno a tempo definito è incompatibile con le funzioni di rettore, preside, membro elettivo del consiglio di amministrazione, direttore di dipartimento e direttoredei corsi di dottorato di ricerca”. Certo si potrebbe ipotizzare che il lavoro all’Arpa sia nei fatti un lavoro di consulenza continuativa, ma può essere definito presidente chi svolge tale mansione? E puo’ un’azienda a capitale prevalentemente pubblico accettare una simile elargizione per chi, essendo a tempo pieno dentro l’Università, non ha certo tempo a disposizione per seguire con attenzione la complessa macchina dei trasporti pubblici regionali?
Per quel che riguarda il Braga, parlare di nazionalizzazione è pura utopia in un’epoca in cui lo Stato è alla disperata ricerca di soldi per sopravvivere e per garantire la ripresa economica. Riesce dunque difficile capire come sia possibile lanciarsi in simili previsioni, senza risolvere alla radice le tre questioni di fondo del sistema Italia che impediscono il rilancio della spesa pubblica: l’adesione ai diktat sempre più insopportabili dell’Unione Europea e dell’eurozona; la connessa questione della mancanza di sovranità monetaria, che l’Italia ha conosciuto in buona misura dal 1936 al 1992, l’anno delle privatizzazioni dell’industria di Stato e della Banca d’Italia da parte del governo Amato; e la questione del debito pubblico, circa 2300 miliardi di euro, gravato per più di due terzi dall’anatocismo, cioè gli interessi sugli interessi, che in base allo stesso nostro codice civile (art. 1283) dovrebbe – sia pure entro l’ambigua formula ‘in mancanza di usi contrari’ – essere proibito.
Ma quello che più stupisce e merita riflessione è l’attivo di 2 milioni di euro di bilancio consolidato, vantati nell’agosto scorso. Il bilancio consolidato è quello che si basa non solo sull’azienda in questione, ma sulla somma dei bilanci delle aziende e organizzazioni consociate all’impresa ‘madre’. Ma puo’ una tale rete di contatti di un’impresa non solo oggettivamente di piccola dimensione, ma anche di tipo culturale, arrivare a una simile cifra di bilancio? Sì, dice il rettore, che non ha mai smentito quella cifra, e dopo aver gridato a lungo alla crisi dell’Ateneo teramano nella fase di trapasso dalla gestione Tranquilli Leali a quella sua personale. Dunque si tratta di capire attraverso quali binari, se solo patrimoniali e accademico-culturali o no, il rettore – che siano coscienti o no il Senato e le Facoltà – pensano di addivenire a un simile traguardo. Non si può fare a meno di imboccare tre percorsi di riflessione.
Il primo riguarda l’ex Rettorato di Viale Crucioli, dove ancora restano alcuni uffici, e di cui però D’Amico ha sempre propagandato la possibile vendita. Tale vendita tuttavia sarebbe impossibile per un destinatario privato, perché l’ottocentesco edificio è vincolato: potrebbe dunque, l’ex rettorato, diventare non un hotel ma una casa dello studente per giovani italiani e stranieri, opzione che non produce se non sul lungo periodo incassi, e richiede fin da subito una spesa non indifferente.
Il secondo binario di riflessione, riguarda il progetto di sviluppo edilizio sulla collina prospiciente Giurisprudenza, come annunciò D’Amico nel suo intervento nella Facoltà di Teramo di due estati fa. Progetto a cui il Rettore e i suoi legami più o meno consolidati sembrano tenere molto: guardate la fotina-profilo del Rettore, si è messo in mezzo all’erba, lungo l’asse su cui dovrebbe scorrere la più volte invocata teleferica Piazza Garibaldi (o dintorni) – Colleparco, una teleferica dunque che diverrebbe oggettivamente funzionale non solo e non tanto agli iscritti all’Ateneo di Teramo, quanto piuttosto ad accrescere la rendita edilizia dei terreni prospicienti Giurisprudenza e a creare un polo di crescita di Teramo lontano dal centro storico (sempre più abbandonato e puntellato da palazzi storici fatiscenti), una sorta di Teramo due la cui prima strada è stata dedicata al laico Renato Balzarini.
Terzo ed ultimo capitolo di riflessione, la politica culturale che D’Amico impone a tutte le Facoltà e docenti, anche attraverso raffiche di decreti rettorali o marchingegni elettorali: al di là dell’ormai stranoto privilegiamento delle Facoltà scientifiche rispetto a quelle umanistiche, un discorso particolare riguarda i contenuti degli insegnamenti, le discipline e i docenti in o out rispetto al nuovo corso damiciano, e le iniziative-guida con le loro proiezioni simboliche. Non si può che scorrere l’ “agenda” per cercare di capire quel che esce da una sequenza telegrafica di fatti e di iniziative: per quasi tre mesi, un convegno sui campi di concentramento abruzzesi è stato pubblicizzato attraverso una lunga serie di cartelloni il cui messaggio ‘antifascista’ era chiaro, netto inequivocabile: pagine storiche studiate secondo i contributi di un Renzo De Felice o di un Claudio Pavone (storico di sinistra che volle ormai decenni fa rileggere l’epopea ufficiale della resistenza in chiave di guerra civile), o proposte come pura propaganda di parte, in nome di un ‘antifascismo eterno che non tiene conto dell’elementare dato che il fascismo storico non esiste più? Proseguiamo: la laurea honoris causa a Pannella, leader politico legatissimo a Israele, che non mancò di rivendicare anni fa i finanziamenti di Soros, e, marciatore pacifista negli anni Sessanta, fu sostenitore dei primi bombardamenti dell’Iraq nel 1991, secondo lui coerenti con il messaggio gandhiano… Ancora: la laurea honoris causa proposta per Madonna, una bravissima cantante che odia Putin e anch’essa ama Israele. Una conferenza contro l’ONU, un organizzazione internazionale che merita tantissime critiche, ma certo la minore, ed anzi inesistente, è quella di voler contrastare la diffusione delle droghe cosiddette leggere, come da lezione senza contraddittorio di un ex eurodeputato radicale, Perduca, durante lo scorso anno accademico. Ci sono poi i dieci o più studenti israeliani a Veterinaria, ma nessun studente palestinese, emblema di una politica di attenzione al Medio Oriente assolutamente a senso unico, come dimostrato dai reiterati boicottaggi di iniziative di altro segno – o per essere precisi, di segno squisitamente pluralista: si da’ la parola a tutti – in modo talmente abnorme da essere finiti al vaglio della Procura.
Ancora: l’adesione di fatto a una visione dell’immigrazione a senso unico, con i migranti tutti da accogliere e tutti profughi, tanto che ci fu un’immediata presa di posizione di D’Amico su un diverbio quanto meno ambiguo (pende una querela sull’episodio) tra una studentessa e un nostro docente. Un atteggiamento settario, quello di D’Amico, iperlaico (dove la laicità si trasforma in integralismo laicista) e iper “antifascista”, che non ha peraltro nulla di ‘movimentista’, perché discende in realtà dai poterini forti teramani e regionali, e si accompagna a iniziative segrete come quella del convegno con la Banca d’Italia dell’11 dicembre dello scorso anno, non pubblicizzato sul sito di Uniteramo o tramite manifesti e volantini in Facoltà, probabilmente per paura che intervenissero giovani seguaci di Auriti o comunque critici della privatizzazione della Banca d’Italia.
Posizioni sconnesse (come si fa a volere la nazionalizzazione del Braga e a non rivendicare la ri-nazionalizzazione dell’istituto di Via Nazionale, quel controllo statale dell’emissione monetaria che ha permesso la ripresa postbellica dell’Italia fino a farle assurgere il ruolo di quinta potenza industriale del mondo?), ma dotate di una coerenza notevole, come da ultimo, illuminante esempio di questa lista improvvisata: mi riferisco all’invito dell’ambasciatore dell’Ucraina da parte dell’Ateneo, iniziativa che ha avuto una ricaduta anche in prese di posizione del sindaco di Teramo, o in contatti con la Camera di Commercio di Teramo. Il caso Ucraina è l’emblema della deriva che, tra una imposizione e l’altra, D’Amico pretende di far accettare a tutto l’Ateneo: per la crisi ucraina come noto papa Francesco parlò di rischio di terza guerra mondiale, pensando anche alla sua concomitanza con i duemila morti palestinesi durante l’ultima invasione di Gaza da parte di Israele. Ma sull’Ucraina (e su Putin) l’Occidente è diviso: c’è Obama che minaccia ma sin qui almeno sta fermo, e c’è il segretario di Stato Kerry, il falco che voleva già l’attacco alla Siria nell’estate del 2013; c’è il superfalco Rasmussen, che ha cercato in tutti i modi di trascinare la NATO in una guerra contro Mosca, e ci sono Hollande e Renzi, che frenano ciascuno a suo modo questa deriva bellicista
D’Amico non si colloca nella loro scia, ma invece – nonostante il suo sorriso ‘buono’, immagine mediatica a mascherare le sue imposizioni e vendette personali – nella scia del peggiore occidente, quell’oltranzismo occidentale che cerca da decenni, e alcune volte ottiene, una guerra appresso all’altra. Forse qualcuno nella Regione Abruzzo potrebbe opporsi, ma al momento non emerge nulla: il centro destra è sprofondato, gettato in pasto all’avversario, dallo stesso ‘licenziamento’ di Chiodi da parte delle leadership romane, che gli hanno preferito l’onorevole Crozza e il maschio al cento per cento. Il centrosinistra non pare pienamente coerente con la leadership renziana: Renzi incontra gli scout e il Papa, D’Alfonso ha celebrato la sua vittoria elettorale nel culto di una plurisecolare tradizione laica abruzzese sfociata all’alba del XXI secolo in integralismo laicista di provincia. Ci sono poi i cani sciolti o i gruppi e settori della società civile della Regione. Non so di altri luoghi, ma a Teramo posso testimoniare che – soprattutto grazie alla gestione d’Amico – la paura non riguarda solo il Rettore che organizza convegni clandestini, ma anche gli studenti: abbiamo paura per la nostra carriera universitaria, mi dicono alcuni giovani di Scienze della Comunicazione a proposito dei cartelloni sui campi di concentramento abruzzesi. “Avevo paura”, ebbe a dirmi un altro studente, anni fa in occasione dell’ennesimo convegno sulla Shoah (è ormai noto che la ‘giornata della memoria’ dura ormai l’intero anno accademico), quando in un convegno a Scienze Politiche, un millantatore veneto, sedicente docente dell’Università di Verona dove una decina di uffici e Facoltà consultate non lo conoscevano affatto, fece vedere un mucchio di mattoni sotto un tetto di una casupola 4 per 4 (vedi foto) e disse “e questa è con ogni evidenza una camera a gas”.Come è possibile professore? Rispondo: “in effetti dalla foto non si capisce nulla: ma tu perché non gli hai chiesto in base a cosa quel rudere sarebbe sicuramente una camera di morte?” “Avevo paura…”. Chissà se la paura non coinvolge anche i docenti, che potrebbero rischiare molto dall’iperdirigismo damiciano e dal suo apparato di servi zio: un collega, prof ordinario è finito in una lista di studenti vincitori di Borsa per aver osato avere posizioni autonome dall’oltranzismo occidentale del D’Amico; un altro si è dimesso dalla Presidenza di Dottorato; un‘altro ancora …. Pratiche abbastanza spicce, e monocorde propaganda a favore del peggiore occidente, quello che odia solo la Chiesa e la Moschea e ama la guerra. E’ in questo contesto che i 2 milioni di euro, cominciano ad acquistare un profilo di credibilità?
di Claudio MOFFA