MURI CHE CADONO E MURI CHE RESISTONO
Il 9 novembre 1989 cadeva il “muro di Berlino”. Nell’immaginario collettivo diviene il giorno della libertà dalle oppressioni, della vittoria della democrazia e della presa di coscienza di una mentalità cosmopolita e globalizzata che si insinuerà nell’uomo contemporaneo, non più stanziale, ma cittadino del mondo pur nel legame con le proprie radici.
Il muro è da sempre il simbolo della lotta degli uomini contro ogni forma di tirannia e di sacrificio della dignità, di abuso di un potere ormai logoro e superato, la fine di un’utopia comunista e soprattutto è l’esempio più calzante di come per la libertà si sacrifichi la vita stessa, perché in mancanza di essa non si vive, ma si sopravvive. E le tante persone morte per inseguire questo ideale, cercando di scavalcare fisicamente un muro e liberarsi, anche mentalmente delle conseguenze che esso aveva generato, sono l’emblema di questa lotta a essere sé stessi, a voler decidere con chi stare e dove stare, sentirsi uguali senza differenze alcune.
Per questi ideali l’uomo ha lottato e lotta ancora. L’esperienza tedesca sarà sempre un faro nell’affermazione dei diritti fondamentali dell’uomo che troppo spesso vengono calpestati. Lo grida bene Martin Luther King nel suo “I have a dream”… il sogno di “realizzare le promesse della democrazia, di intraprendere il sentiero della giustizia, della fratellanza, della libertà ed eguaglianza”. Lo sanno bene tutti i grandi protagonisti del Novecento che hanno inseguito il sogno politico di poter riscattare i loro popoli e far valere i diritti inalienabili dell’uomo dinanzi a segregazioni, ingiustizie, prevaricazioni. E lo sa bene il presidente Kennedy quando proprio a Berlino pronunciò uno dei suoi più celebri discorsi definendo il muro “ un’offesa nei confronti della storia, ma anche nei confronti dell’umanità. Un’offesa che ha separato famiglie e allontanato persone che speravano di vivere insieme… che ha infranto il più elementare diritto di ogni uomo libero, e cioè il diritto di scegliere”.
Ma oggi, a distanza di 25 anni da quelle immagini enfatiche e dalle picconate, sintesi di tutti i soprusi subiti, davvero l’uomo ha il diritto di scegliere? Quell’avvenimento importante ha fatto cadere davvero i muri fuori e dentro di noi?
Regimi militari, teocrazie, dittatori, guerre di religione e genocidi affliggono e sterminano popoli, negando loro diritti, nonostante ci sia chi ha la forza di reagire e morire in nome di essi. Ma ci sono anche paesi, cosiddetti civili, nei quali quei diritti, al centro delle Carte costituzionali e considerati base delle loro democrazie, dove troppo spesso abbiamo invece di fronte solo parvenze di libertà, uguaglianza, giustizia, dignità. Proprio Kennedy affermava che “ la libertà è indivisibile e quando un uomo è assoggettato, allora nessuno è libero”. Ma come si fa a essere liberi quando dentro di noi i muri che alziamo sono più alti e resistenti di quello della capitale tedesca?
Omofobia, razzismo, violenza di genere, sentenze ingiuste, potere dei soldi , clientelismo, corruzione, diseguaglianze, discriminazioni, bullismo, omertà sono alcuni dei tanti mali che minano la nostra libertà di scegliere e di esprimerci, di esserci e di essere. Come fa l’ uomo a essere libero se viene discriminato per la sua sessualità, per il colore della pelle, perché non rispecchia i canoni estetici dettati da una società superficiale e insicura, perché non ha un nome o un consistente conto in banca, perché viene ucciso in carcere e non avrà mai una sentenza giusta ? Come fa l’ uomo a essere libero e degno se non può manifestare liberamente le proprie idee pena il rischio di offendere e toccare qualcuno in alto che tesse le fila di un sistema corrotto e mafioso? Se non ha un lavoro, le conoscenze giuste per averlo, i mezzi per poter scegliere ciò che è affine al suo talento e se gli viene inculcato il seme dell’odio per le differenze, senza pensare che sono quelle che ci rendono unici? La persona che non è libera di scegliere della propria vita senza condizionamenti vive dietro e dentro un muro, invisibile, ma radicato nelle proprie convinzioni, I muri che ci creiamo per essere “accettati” altro non sono che la nostra stessa distruzione. La perfezione non sta nell’omologazione, ma nell’armonia di tanti elementi diversi che creano un arcobaleno di verità.
La riunificazione di Berlino rappresenta sicuramente la caduta di un’ideologia ma è soprattutto una lezione di vita e di come un muro nella mente, più che in una città, possa creare dei danni irreparabili in una società così piena di ostacoli. La caduta del 1989 purtroppo ancora “non docet”.
Adele Di Feliciantonio