STUPIRSI DELL’ IMPOSSIBILE

Il suo inconfondibile stile eclettico, la sua straordinaria vocalità    con la quale è capace di raggiungere virtuosismi altissimi. Una voce ricca di “nuances” costruita con impegno, leggera e di spessore allo stesso tempo, che racchiude il percorso artistico e di vita di una grande signora della canzone italiana.

Antonella Ruggiero, protagonista del concerto “Aspettando il primo maggio”, il 30 aprile prossimo, a Teramo, si definisce “un’artigiana della musica” alla costante ricerca di tesori nascosti o perduti da scoprire o recuperare. Un percorso ricco di esperienze vissute con curiosità, emozione, “pathos”, impegno e partecipazione, come ci racconta in questa intervista.
E non possiamo che iniziare proprio dalla sua partecipazione al brano Domani, per l’Aquila ferita dal terremoto del 2009, e al successivo concerto delle Amiche per l’Abruzzo, per chiederle
che ruolo ha la musica nel Sociale secondo lei?
Ha la possibilità di far conoscere le realtà a un vastissimo pubblico, ma purtroppo non ha la possibilità di rimediare, come nel caso dell’Aquila, a drammi di questo tipo. L’Aquila è ancora abbandonata a se stessa e solo la visione di quanto tutto sia rimasto ancora da fare in città è veramente drammatico e of ensivo nei confronti di chi ha
vissuto la tragedia e vorrebbe una ricostruzione rapida, come è giusto che sia. La musica può raccontare le cose ma nulla di più. Le azioni appartengono ad altri ambiti.

Lei (in una intervista di un anno fa) ha detto che i giovani hanno la possibilità di traghettare la società fuori da questo momento sociopolitico-economico così diffiile. Continua ad essere della stessa opinione? e qual è, anche in questo caso, il ruolo della musica, per i giovani?
Essere giovani non vuol dire avere, in assoluto, la facoltà di aggiustare le cose. Ci sono persone con mentalità pulita, corretta e volontà di agire in maniera eticamente giusta.
È questa la politica che dovrebbe funzionare, ma purtroppo, nella stragrande maggioranza dei casi, così non è. Le giovani generazioni, che sono molto più preparate delle nostre, a livello culturale, hanno, attraverso l’informazione e la tecnologia, a disposizione il mondo intero e tutto ciò che offre di buono. In questo vedo dei lati positivi. Spero nei giovani corretti, onesti e con menti non corrotte.
Loro potranno portare l’Italia fuori da questo momento così difficiile.

Sempre a proposito di giovani, qual è il Suo punto di vista sui TALENT SHOWS ?
Penso che, per uno che riesce ad ottenere un grosso risultato, che si spera possa durare nel tempo, ce ne sono tanti, troppi, utilizzati solo per un breve momento e solo a scopi commerciali.

Pensa si tratti solo di “industrializzazione” dei talenti?
Certamente. Centinaia e centinaia di giovani partecipano ai talent illudendosi di arrivare velocemente al successo.
Ci sono, invece, realtà di giovani e giovanissimi musicisti che non andrebbero mai in un talent, ma che diventano grandi solisti e suonano in tutto il mondo, anche se con grande fatica.
Perché, per raggiungere un successo durevole occorre sempre lavorare molto, con impegno e onestà, dando il meglio di sè. Le scorciatoie non danno mai una lunga carriera.

E dopo? Lei ha affrontato percorsi artistici diversi. È stata defi nita “un’artista onnivora”, per aver spaziato in ogni campo, dalla tradizione al sacro, dal pop al jazz, riscoprendo momenti storici particolari. Dalla musica ebraica ai canti della montagna, dalle atmosfere del tango ai cantautori italiani fino alla lirica. Cosa ha rappresentato per lei il teatro?
Sono entrata nel cast di “Medea” e di “Pietra di diaspro” non da cantante lirica. Utilizzo la mia voce, con tutte le sue sfumature, ma non mi definirei una cantante lirica. Tuttavia è stata un’esperienza straordinaria anche
se difficiile. La più difficiile perché la musica contemporanea non attrae molto, ma nelle arie scritte per me da
Adriano Guarnieri c’era una poesia e un’intensità che mi hanno fatto vivere un’esperienza memorabile.

E il jazz? Il musical?
Per me il jazz è facile perché c’è molta improvvisazione e questo mi appartiene. Gli schemi non fanno per me. Il jazz è divertente. Del musical invece canto solo le arie che mi piacciono, che poi sono brani del 900 fino agli anni 50 , Gershwin, Porter, Bernstein, autori straordinariamente bravi. Oggi è un’altra epoca.
Un percorso ricco di contenuti per un’artista che ha fatto della ricerca e della sperimentazione un percorso di vita più ampio, di crescita interiore, spirituale.

Cosa cerca davvero Antonella e cosa ha trovato in questo viaggio?
Ho seguito esattamente quello che sono sempre stata fi n da bambina, costantemente con gli occhi spalancati alla ricerca di qualcosa che potesse stupirmi e quindi la musica, l’arte, i libri, la pittura, la natura e le persone che potessero raccontarmi cose interessanti. Insomma la vita è piena di cose da cercare, se si ha voglia e curiosità di trovare qualcosa di bello e utile. E così è stato da allora.
È passata quasi una vita ma continuo così. Forse si nasce con certi elementi che durante l’esistenza vengono ampliati e utilizzati, ma sono lì. La matrice è quella. Le esperienza che faccio sono fondamentali come l’aria da respirare, altrimenti sarebbe routine, non sarebbe arte, mi sarei annoiata milioni di volte e non sarei io.

C’è qualcosa che, più di ogni altra, l’abbia veramente affascinata?
Molto indietro nel tempo, certe musiche mi riportano a una realtà che posso solo immaginare.
Attraverso la musica posso fare viaggi in luoghi molto lontani nel tempo, come ad esempio, dal Medioevo ad oggi, o in luoghi lontani ma che la musica rende vicini.
Questa ricerca all’indietro, di un tempo estremamente lontano, quando non c’era la tecnologia, fa sì che attraverso la musica, la pittura, alberi antichi o attraverso ciò che il passato ci ha lasciato, io trovi cose che mi affascinano profondamente. Poi c’è anche la tecnologia, la musica elettronica, ma qui andiamo su mondi più mentali che poetici, dove si possono creare suoni che sembrano provenire da altri mondi. Mentre il passato remoto è per me la cosa più af ascinante come lo era da bambina quando ascoltavo certe musiche e certe orchestre che mi lasciavano “esterrefatta” dalla bellezza.

Lei ha scelto di vivere a Berlino, come mai?
Mi ha attratto la storia di quella città. Quello che vi è successo dall’inizio del secolo scorso: quello che ha vissuto con il nazismo, il muro, la Stasi. La gente che ha vissuto quei momenti ancora li racconta. Avvenimenti che mi hanno attratto come una calamita. Ho deciso di vivere lì, undici anni fa, dopo un concerto alla sinagoga di Berlino. L’unica
rimasta in piedi dopo la guerra, nella “notte dei cristalli”. Non vivrei mai in un luogo che non abbia un racconto umano profondo.

Lei è una veterana di Sanremo, con un numero di presenze notevole e con un palmares invidiabile. Anche per lei vale il detto che “gli esami non fi niscono mai” oppure non soffre lo stress da competizione?
Non mi è mai importato nulla della gara. Dirò qualcosa di un po’ forte, ma vado là come il mobiliere va alla fiera del mobile, lo scrittore alla fiera del libro, a proporre ciò che ho, un progetto. Le dinamiche del festival non mi interessano altrimenti la mia tranquillità ne sarebbe minata. Vado come un artigiano va a proporre i suoi lavori. Non l’ho mai mitizzato, non è mai stato un totem. È stato divertente la prima volta, come un bambino
scopre per la prima volta il luna park ma poi basta. È per questo che ci sono stata molte volte.

Come proseguirà il viaggio di Antonella?
I progetti sono tanti. Uno a cui tengo molto nasce da concerto che ho tenuto nella Cattedrale di Cremona con l’organista Fausto Caporali. Un concerto di musica sacra accompagnata dal suono di un meraviglioso organo. Grande pathos, grande esperienza, diventerà un cd. Inoltre, quest’anno ricorre il centenario della grande guerra. Ricordo
i racconti dei miei nonni che l’hanno vissuta e mi entusiasma l’idea di realizzare un repertorio di musiche e scritti lasciati da quei ragazzi dal fronte.
Queste vicende umane mi sono particolarmente care e c’è l’idea di realizzare un lavoro incentrato su queste memorie. Poi il “laboratorio” è sempre in funzione. Anche grazie a Roberto Colombo con cui condivido la visione della musica e della vita.

L’emozione si coglie perfettamente quando parla di questo passato e di quello che lei cerca di cogliere dal passato. Cos’è la nostalgia per lei?
In realtà la riferisco esclusivamente alla natura, che purtroppo non potremo mai più vedere così com’era, prima dell’industrializzazione selvaggia .
Tutte le epoche portano novità eliminandone altre. La distruzione di parte della natura, o di luoghi meravigliosi off esi dall’essere umano, mi rattrista.

Cosa proporrà ai teramani il prossimo 30 aprile?
Brani del mio repertorio, accompagnata da Paolo Di Sabatino, al pianoforte, Glauco Di Sabatino alla batteria e Renzo Ruggeri alla fi sarmonica, tutti musicisti straordinari, con cui collaboro da dieci anni. Brani che fanno parte di tutta la mia storia, con punte di improvvisazione. Naturalmente.

PrimaPagina ediz Apr.2015 – di Mira Carpineta