Viviamo in un momento di stagnazione economica, sociale, motivazionale e di disinvestimento per un futuro che si prevede sempre più diffi cile e demotivante. I giovani, che dovrebbero affacciarsi sulla scena del sociale, rallentano il più possibile, prendono tempi lunghi negli studi, hanno paura di osare e si sentono derubati del futuro. E’ come se la loro energia spendibile nel fare, creare, innovare, venisse tenuta a freno da un vecchio modello di concepire
la prospettiva futura che determina stasi e demotivazione. Controllare e limitare il cibo diventa lo strumento inconscio per controllare il corpo e per disabilitarsi rispetto ad un sociale in cui è deludente spendersi. Un corpo bloccato è un corpo che vive la “stasi”, in attesa di una speranza, di un cambiamento. Ma che significa “stasi”? deriva dal greco e indica inibizione o cessazione del “fluire” che può riguardare liquidi, processi biologici, attività ed economie. Il fluire, il “panta rei” di Eraclito è, invece, il motore dell’azione, cambiamento, trasformazione, rigenerazione. E’ ciò che esprime sempre il nuovo sul palcoscenico del reale. Il cibo è l’energia che fl uisce o ristagna, e poiché gli anoressici si sentono bloccati, vedono il cibo come un “nemico” e hanno paura di ingrassare.. Dall’altra sponda le giovani generazioni sono anche esposte alle conseguenze di un cibo sempre presente, invadente, accattivante e iper pubblicizzato, che si insinua come travestimento ingannevole di bisogni più profondi e essenziali. Mangiare senza assaporare coscientemente rende incompleto e imperfetto il processo di assimilazione/ incorporazione/simbolizzazione del cibo e favoriscela dispercezione corporea e il discontrollo. Questo è uno degli aspetti più preoccupanti dell’incremento dell’obesità nel nostro Paese, che ha il triste primato in Europa dell’obesità infantile. L’obeso, attraverso la fortifi cazione impropria e inopportuna della massa corporea, defi nita anche “identità corporea” esercita un eccesso di difesa riguardo ad aspetti della realtà, vissuti come minacciosi ed invasivi. Tuttavia l’eccesso di difesa contribuisce ad appannare la capacità di scegliere e di distinguere ciò che è buono, utile e salutare da ciò che non lo è, comportando un’esasperazione della ricerca del cibo e/o della conservazione dell’energia, unici aspetti della realtà vivibili come positivi e rassicuranti, mentre tutto il resto appare rischioso e spesso deludente. L’obeso, in altre parole, si sente impotente e incompetente rispetto ad un ambiente disabilitante e ipercompetitivo, e non riesce ad esprimere la sua aggressività positiva e costruttiva attraverso la tenacia e la costanza nel far fluire le proprie energie, e nel saper esprimere i propri bisogni nel qui e ora, senza rinvii. Da anni sosteniamo che l’obesità non si cura con le diete che, per assurdo, producono ulteriore stagnazione, ma con un “reset” della propria vita, che necessita di un percorso riabilitativo psiconutrizionale- comportamentale, e con il cibo “buono” e “giusto” che nutre l’agire e la speranza. Prendersi cura dell’obesità e dei disturbi del comportamento alimentare è il “punto nevralgico” dell’assistenza sanitaria per incidere sul costo sanitario e sociale della più importante emergenza di tutti i tempi
A CURA DI PAOLO DE CRISTOFARO*
* DIRETTORE CENTRO REGIONALE DI FISIOPATOLOGIA DELLA NUTRIZIONE ASL TERAMO