Cosa può desiderare un ragazzo di 21 anni per il suo compleanno? Un tablet, un iPod, una Xbox?
L’ultimo oggetto del desiderio ultratecnologico, una vacanza alle Hawaii?
Magari una pistola. Perché no? E un papà che gliela regala, pur sapendo che il ragazzo qualche problema di socializzazione ce l’ha.
Ecco mi piacerebbe proprio sapere cosa avrà pensato quel genitore(?) quando sceglieva un oggetto così terribile e imbecille da regalargli. Mi viene spontanea una riflessione. Forse i problemi del ragazzo erano niente in confronto ai problemi di un padre che considera “regalo” una pistola.
Sulla cultura americana delle armi si sono detti e scritti fiumi di parole.
Un Paese contraddittorio che da una parte vorrebbe illuminare il mondo con la sua civiltà e dall’altro la riporta indietro di secoli. Un retaggio, quello del far west, che stenta a scomparire, come l’eterno razzismo anche dopo 8 anni di Obama style.
Val la pena di osservare che in ogni film americano di successo, gli eroi vincono le loro sfide solo a colpi di pugni (quando va bene) o di sofisticate avveniristiche armi. In nessun film di grande diffusione i conflitti e le criticità
vengono mai risolte con l’ascolto e la cooperazione, la comprensione e il dialogo.
Troppo noioso. Per un americano credo sia inconcepibile non ricorrere alla forza se “il gioco” si fa difficile.
Alla fine è sempre Hulk che determina lo stop della battaglia con un megagalattico sberlone che oltre a distruggere il “nemico” distrugge anche la città che voleva salvare. Sono cresciuta con i fumetti dei supereroi che salvavano
il mondo.
Oggi chi ci salverà dai supereroi?