Dal primo ottobre 2010 la Caritas diocesana ha un nuovo direttore. Il Vescovo Michele Seccia ha individuato in don Igor la persona più idonea a ricoprire questo importante ruolo all’interno della Curia e della società tutta. Lo incontriamo negli uffici Caritas. I suoi modi di fare sono pieni di disponibilità per tutti. Colpisce soprattutto la giovane età. La prima domanda è di conseguenza: don Igor, lei è giovanissimo! Quanti anni ha? “Trentadue”, ma il tono della risposta dice molto su quanti gli avranno
rivolto questa domanda. Allo stesso tempo di come sia pienamente consapevole del rapporto tra l’ età e il ruolo che sta ricoprendo. Vuole presentarsi ai nostri lettori? “Sono originario di Notaresco. La mia adolescenza è un’adolescenza tranquilla, sempre ruotante attorno alla vita della parrocchia. In quegli anni ho avuto modo di avvicinarmi alla realtà del movimento dei Focolari. Esperienza che ha trovato poi maturazione all’interno del movimento diocesano di San Nicolò, affascinato anche dal carisma di don Gianfranco. Dopo aver sentito la chiamata vocazionale, ho seguito l’iter classico per arrivare all’ordinazione. Mons. Nuzzi mi indirizza al Pontifi cio Seminario Regionale S.Pio X a Chieti, dove sono stato seminarista per sei anni. Nell’ottobre del 2005, il compianto mons. D’Addario mi ordina diacono, ma a causa della sua prematura scomparsa, e stato poi mons. Seccia a ordinarmi sacerdote, nel settembre del 2006. Il mio primo incarico da parroco è stato quello di occuparmi e servire la zona montana di San Giorgio, Macchia Vomano, Poggio Umbricchio, al quale si aggiunse il ruolo di vicario parrocchiale a San Nicolò. Oggi invece, anche a causa della esiguità del numero di sacerdoti, sono parroco in ben sette parrocchie. Servo la zona di: Valle San Giovanni, Faieto, Casa Nova, Pagliaroli, Elce, Padula e Fioli. Sono tutte piccole comunità con pochi fedeli, ma messe insieme garantisco che sono impegnative!” Come hai vissuto allora questa nomina a direttore e come riesce a far conciliare i due incarichi? Sorride e risponde: “La nomina l’ho vissuta con molto stupore e ho dovuto meditarci sopra a lungo. Il vescovo mi aveva proposto l’incarico già all’inizio dell’estate, ma io solo a settembre mi sono deciso ad accettare. Avevo sempre visto la mia chiamata come semplice pastore. Mi vedevo solo come parroco. Però è la volontà di Dio che ci guida e ho sentito che questa offerta era una sua offerta. Questo mi ha spinto ha superare ogni resistenza, ogni dubbio. La giovane età, la poca esperienza. Certo ora la mia vita è impegnata come non mai. Associavo la Caritas alla mensa, alla raccolta di fondi per le emergenze nazionali e internazionali. Invece ho scoperto un universo di attività. E poi sempre di corsa per raggiungere i miei fedeli. Oggi per esempio, come ogni giorno, appena finisco qui torno subito a Valle S. Giovanni e poi passerò nelle altre parrocchie.” Come vive l’eredità lasciata da don Ivo, il precedente direttore? “L’eredità presa da don Ivo è certamente un’eredità pesante, piena di responsabilità, ma allo stesso tempo straordinariamente ricca. Insomma, stiamo parlando di colui che ha diretto la Caritas sin dalla sua nascita qui a Teramo, 37 anni fa. Un bagaglio di esperienze e di lavoro enorme. Il peso di dover sostituire una fi gura del genere sento sia come iniziare a balbettare prima di iniziare a parlare!” Programmi come nuovo direttore? “La via come detto prima è già tracciata. Devo semplicemente seguirla, non determinazione e umiltà. Non ho alcuna pretesa di dirigere e comandare. La Caritas è amore. Amore di Cristo. Per trasmetterlo, bisogna innanzitutto viverlo all’interno del corpo volontari. E qui io ho già potuto scorgere l’esistenza di una famiglia. Bisogna che si possa sentire quest’appartenenza e trasmetterla alle persone che verranno qui per un aiuto. Prima del bisogno, c’è l’incontro con la persona. Non siamo un centro distribuzione. Siamo una realtà che vive e trasmette l’amore di Cristo. Mi aspetto di vivere un’esperienza di servizio nella sua più piena valenza cristiana, nel concetto di carità e amore di Gesù che vive dell’altro e nell’altro!”