“Sei in un campo brado colmo di colori che non hai mai visto e di animali che non hai mai conosciuto. È un posto bellissimo, un posto in cui a tutti è permesso di entrare […]. Ma tu ti sei seduto in mezzo a questo campo. Stai guardando la corrente che ti ha portato e ti sei spostato di lato, in un punto in cui questa corrente non ti può travolgere ma nemmeno può liberarti; ti sei defilato e la guardi.”
Poche parole presentano in modo quanto mai opportuno un’opera a me molto cara, per ragioni che pertengono ai tempi lontani, ma sempre presenti, della mia adolescenza. “Acqua Logora. Una storia d’amore e ruggine” è il terzo romanzo di Marco Martucci, talentuoso autore di origini partenopee, attualmente a Bologna per vita e lavoro. L’edizione del 2015 affina quella del 2007 e ne custodisce l’intensità.
Il protagonista è Marcello Pignatta, giornalista napoletano che viene allontanato dalla redazione del quotidiano su cui scrive a causa delle sue inchieste riguardanti le discariche abusive. Idealista e appassionato nella professione, Marcello è invece liquido nei sentimenti: si concede a relazioni plurime senza sapere come portarle avanti né dove dirigersi; più significativa tra le altre, la sua storia con Silvia non può decollare, perché il peso di un passato sostanziale e ingombrante gli impedisce di considerarne il valore.
Nel tentativo di risolvere quanto della propria esistenza è ancora sospeso, il giovane parte per Bologna, dove crede di trovare l’amata e dove, invece, scioglierà i nodi che lo tengono prigioniero di sé, attraverso l’incontro con le sole persone che possono liberarlo.
Cinque anni fa, leggendo “Acqua Logora” nella prima versione, provai un’innegabile meraviglia: Marco era poco più che un ragazzo al momento della creazione, ma riusciva a stupirmi; oggi, tra le pagine riviste attraverso un garbato intervento sulla lingua e l’aggiunta di alcuni frammenti nel testo, rinnova e compie il mio apprezzamento.
Mi riporta a momenti indimenticati di gioventù rivoluzionaria, quando, ventidue anni fa, io e i miei compagni occupavamo il Liceo Classico; mi parla di camorra, di politica, del giornalismo che non teme di esporre i fatti e la verità, di amicizia e dell’amore come noi lo conosciamo nel presente; narra la morte con una grazia intima, che accresce la crudezza del suo manifestarsi; dipana la narrazione tra Napoli e Bologna, città per lui essenziali, che definisce ‘diverse e simili, così splendide e così ingiuste’.
Cura il lessico con esiti elevati, pur mantenendo la scrittura lineare e aderente al reale. Ma soprattutto – ciò che davvero colpisce -, accende fino agli ultimi capitoli gli interrogativi sul destino di Renato, personaggio chiave dell’intreccio: lascia intuire un’assenza inquietante tra continui riferimenti, che si compongono in una climax ascendente per giungere alla rivelazione finale, degna dei migliori autori.
Marco Martucci è padre di un piccolo capolavoro e tocca l’animo di chi cerca e riconosce la bellezza nella Letteratura
Marco Martucci, Acqua Logora. Una storia d’amore e ruggine.
di Simona Cascetti