Il Maghreb, dopo decenni in cui ha cercato di trovare i giusti equilibri tra l’essere avanguardia del continente africano e dell’Islam e zona di contatto con le democrazie occidentali ed il vicino Israele, ora è scossa da cruente sollevazioni popolari. Che, nel caso dell’Egitto, pongono in uno stato di comprensibile
apprensione le democrazie europee e nordamericane, preoccupate di pericolose derive confessionali di tipo integralista. Gli stessi Stati Uniti hanno espresso sostegno condizionato a Hosni Mubarak che, a detta della maggiore potenza mondiale, dovrebbe essere il traghettatore dell’Egitto da un sistema autoritario ad uno riformista, proprio mentre i cittadini si sollevano per la sua defenestrazione. Una sorta di schizofrenia politica e culturale: da una parte i sistemi occidentali sostengono il quasi deposto rais de Il Cairo, dall’altra milioni di cittadini affamati, esclusi ed evidentemente riottosi accettano lo scontro aperto per rovesciare Mubarak e il suo apparato nepotista. In tale contesto, non ci si risparmia colpi bassi ed illiberali. Alcuni giorni fa, le agenzie di stampa hanno diffuso le immagini di un dimostrante tunisino freddato, alle spalle, da un cecchino della polizia, sotto gli occhi di migliaia di cittadini. Della situazione egiziana, parimenti, i media rappresentano una guerra civile in corso, nella quale ai tradizionali strumenti di repressione, si aggiungono nuovi e più sofi sticati meccanismi di controllo, di manipolazione, di sospensione della comunicazione civica. Per ultimo, ma non da ultimo, i governi maghrebini hanno sentito la necessità di fronteggiare l’emorragia informativa generata dai social network che, a dispetto dei tradizionali mezzi di informazione (giornali, televisioni, radio, ecc.), sfuggono maggiormente alla cosiddetta. comunicazione selettiva e manipolativa. Il dualismo tra l’informazione ufficiale, cioè quella espressione delle tradizionali agenzie, e quella delle piattaforme tecnologiche inizia ad assumere un connotato socialmente preoccupante. Le vicende del Maghreb interrogano anche le coscienze civiche del nostro Paese, che rilevano – sempre più spesso – la diacronia tra le modalità informative assunte dai diversi attori della comunicazione e, non ultimo, dalle agenzie di senso.Il futuro della informazione, ritengono i più qualifi cati studiosi, sarà sempre meno gestibile sia dai sistemi illiberali, ma anche da parte degli apparati democraticamente eletti. Già da tempo, ad esempio, i partiti occidentali tradizionali si propongono, oltre che attraverso le classiche dinamiche di penetrazione, anche attraverso i social network. Sarà il web il campo di dialogo, confronto e scontro delle future democrazie? E’ probabile ed è anche il motivo per il quale gli impianti di governo ad esso riservano particolare attenzione ed approfondimento. GIANNI DI GIACOMANTONIO (SOCIOLOGO)