Bastava andare sul sito del Governo per conoscere il nome, il cognome e il curriculum del responsabile del cerimoniale di
Palazzo Chigi.
La persona su cui è ricaduto il biasimo mondiale per aver coperto le statue capitoline alla vista del presidente iraniano è una signora, bellissima e dalla carriera ventennale nei palazzi del potere e soprattutto a stretto contatto con i potenti.
Non solo italiani. Ilva Sapori, si legge ormai dappertutto, ha origini umbre, ma trapiantata in Abruzzo.
Da Montorio al Vomano, dove il padre lavorava per l’Enel, a Bisenti dove risiedono altri parenti (la sorella Irene – madre di Filippo Lucci già e ancora presidente del Corecom).
Dei trascorsi lavorativi anche a Roseto, quando vi insegnava, in una vita precedente e ancora lontana dai fasti della capitale. Una vita ricca di incontri e amicizie importanti con altri corregionali famosi e potenti, come i Letta, Gianni e Enrico. Una carriera e un’esperienza che tuttavia non le hanno impedito lo “scivolone” proprio in prossimità della pensione.
D’altra parte in un Paese allergico alla parola “responsabilità”, dove i ministri e lo stesso Renzi cadono dalle nuvole ogni volta che c’è una spiegazione da dare, un “capro espiatorio” su cui dirottare il biasimo va sempre trovato. Quando sarebbe bastata una dichiarazione, un’ammissione e un motivo per quanto opinabile, come ha detto Beppe Severgnini a Ottoemezzo: “Sarebbe bastato uscire allo scoperto e magari dire che per quei contratti iraniani sarebbe stata disposta a coprire qualsiasi cosa” .
Invece si è preferito, ancora una volta, quello che, In uno dei suoi “buongiorno” Massimo Gramellini (La Stampa) definisce “ quel certo modo di essere italiani: senza dignità. Quella vocazione a trattare l’ospite come se fosse un padrone. A fare i tedeschi con i tedeschi, gli iraniani con gli iraniani e gli esquimesi con gli esquimesi. A chiamare «rispetto» la smania tipica dei servi di compiacere chi li spaventa e si accingono a fregare …tradizione millenaria, figlia di mille invasioni e battaglie perdute anche con la propria coscienza”.
La coscienza appunto. Esiste ancora? O è diventata un mito come Atlantide? La coscienza che ci indica cosa è giusto da cosa non lo è, che ci richiama al rispetto per la dignità. Per se stessi prima di tutto. La coscienza che è antitetica ad ogni forma di censura. Altra parola chiave.
Un concetto anacronistico che pure stenta a scomparire. Censura preventiva, quella sulle statue.
Censura pretesa quando non si è capaci di sostenere un contradditorio.
Censura imposta, dall’ottusità di menti ristrette.
Censura subita, da chi non rispetta la propria dignità. T
utte battaglie perdute con la propria coscienza.
di Mira Carpineta – PrimaPaginaWeb.it