La mia lunga esperienza con i giovani – insegno in questo Ateneo da oltre 35 anni – mi convince sempre di più che, quando si parla di loro, quando si può decidere el loro futuro è necessario farlo con grande rispetto, sforzandosi di prevedere l’effetto delle proprie parole. L’intervento della Ministra Mariastella
Gelmini rivolto agli studenti di Scienze della comunicazione – ma direi a tutti gli studenti che hanno il torto di frequentare facoltà umanistiche e, quindi, a suo dire, inutili per l’impresa – è stato molto grossolano, svalutante oltre che basato su opinioni e non su dati. Un Ministro della Repubblica non può permettersi di rilasciare dichiarazioni del genere, riferendosi a una Facoltà che ogni anno laurea studenti e accetta iscrizioni di ragazzi con l’avallo del suo stesso Ministero. La Ministra Gelmini voleva forse dire che il suo Ministero permette l’esistenza di Facoltà e corsi di laurea che insegnano amenità? E le amenità di cui parla sono la storia, l’economia, il diritto, la semiotica, la psicologia, la sociologia, l’informatica, le lingue e tante altre discipline? Non oso neppure ipotizzare quali siano le sue opinioni sulle accademie, sui conservatori e sul Dams! La svalutazione che la Ministra e i mass media da molto tempo stanno operando ai danni dei docenti universitari, evocando un’immagine di una classe di lavoratori corrotta e impegnata solo a fare concorsi per amici/parenti/ amanti, è poi anche applicata alla categoria dei medici, dei magistrati, dei lavoratori del pubblico impiego, dei ministeriali. Ma non è così: in ogni categoria abbiamo persone per bene e non, anche tra i politici; ma io non mi sento di affermare che tutti i politici sono corrotti. E’ una questione di metodo, lo stesso che noi insegniamo ai nostri studenti: un metodo rigoroso, che non lascia spazio alle opinioni “di pancia”, ma solo a ragionamenti legati a fatti verifi cabili. E’ vero che molti giovani non trovano lavoro, che non lo trovano coerente con gli studi fatti, che sono sottopagati: il periodo che stiamo vivendo è sicuramente molto arduo per l’inserimento nel mondo del lavoro dei nostri ragazzi. Sicuramente questa difficoltà non dipende solo dal tipo di facoltà frequentata; probabilmente bisogna prima valutare il ruolo della crisi economica e delle scelte politiche effettuate. Eppure, nonostante questa crisi così forte che stiamo vivendo, molti nostri studenti hanno trovato lavori prestigiosi nelle aree di studio della loro Facoltà: quotidiani e televisioni sia locali sia nazionali, agenzie pubblicitarie di prestigio, case editrici, aziende rilevanti nel nostro territorio (Varnelli, Teuco, Fornarina, Lube), piccole imprese ed enti pubblici. In ogni caso, i dati sugli sbocchi professionali di una laurea in Scienze della comunicazione forniti da AlmaLaurea, l’agenzia che dal 1994 a oggi ha seguito i percorsi lavorativi di 1.5 milioni di laureati italiani in tutte le discipline, vanno in tutt’altra direzione rispetto alle ripetute affermazioni della Ministra: i laureati in Scienze della Comunicazione “si laureano in tempi brevi – è riportato sul sito stesso dall’agenzia -, con ottimi voti, conoscono bene l’inglese e hanno buona padronanza degli strumenti informatici; hanno frequentato regolarmente le lezioni e svolto stage o tirocini durante gli studi. Dopo la laurea si inseriscono facilmente nel mercato del lavoro: a cinque anni dal conseguimento del titolo i laureati occupati superano la soglia del 90%”. Senza fare paragoni con altri corsi di studio, perché le differenze sono veramente risibili, i laureati in Scienze della comunicazione hanno le stesse prospettive dei loro colleghi di altre facoltà. PROF.SSA BARBARA POJAGHI