“Il mediatore è creatore di sogni e di speranze. Pensa che l’essere umano sia modificabile, che egli stesso sia modificabile, che la società sia modificabile. Il mediatore porta la persona con la quale interagisce a raggiungere un’autonomia a lei adatta e a sviluppare al meglio le sue capacità; ha le energie per trasformare in funzionamento il potenziale, per attuare nuove occasioni di apprendimento per la persona, per rassicurarla rispetto alla possibilità di evolvere in positivo”.
Le parole di Reuven Feuerstein (in R. Feuerstein e coll., Non accettarmi come sono, 2005), notissimo psicologo israeliano di origini rumene, presentano con chiarezza i due assunti alla base del Metodo da lui creato e che da lui prende nome: tutti gli esseri umani hanno l’opportunità di migliorare le proprie funzioni cognitive e di ottenere performances di livello sempre più alto; la chiave per aprire la porta al potenziamento della mente è l’apprendimento mediato, che il Maestro considera l’unica esperienza atta a condurre chi lo desideri al massimo potenziale.
Il Metodo Feuerstein è diventato ormai un punto di riferimento essenziale per i programmi di recupero dello svantaggio culturale e mentale, in America e in Europa.
Il suo ideatore nacque nel 1921 in Romania, da una famiglia di religione israelita; imparò presto l’Ebraico e a otto anni già affiancava i coetanei della Comunità di appartenenza, dimostrando uno spiccato interesse per la pedagogia. Con l’avvento del nazismo, fu internato in un campo di concentramento da cui riuscì a far ritorno; nel 1948 raggiunse il neocostituito Stato d’Israele, dove completò gli studi e si dedicò all’insegnamento rivolto ai numerosi figli di Ebrei deportati nei campi di sterminio tedeschi e polacchi. Un compito arduo, perché molti di loro, per le deprivazioni subite, si comportavano di fatto come insufficienti mentali ed erano considerati ineducabili dagli specialisti.
Ebbene, il Metodo Feuerstein si sviluppò dal desiderio di fornire a questi ragazzi un sostegno per reinserirsi in società, attraverso le osservazioni e le sperimentazioni del Maestro e della sua équipe. I più gravi vennero avviati in modo sistematico al Programma di Arricchimento Strumentale, la serie di esercizi che stimola le funzioni cognitive carenti e fa emergere quelle latenti. I risultati furono incoraggianti.
Feuerstein riteneva che le cellule cerebrali, se sollecitate in modo costante da esperienze di apprendimento significative, fossero in grado di produrre connessioni nuove che, sostituendo i circuiti precedenti, creassero il supporto strutturale per un funzionamento cognitivo migliore: una simile posizione, inizialmente considerata acritica, sostenuta più dalla fede e dalla tenacia di un uomo che dall’appoggio di teorie fisiologiche e psicologiche, ha avuto di recente numerose conferme scientifiche, in particolare grazie alle tecniche di diagnostica per immagini quali la tomografia assiale computerizzata e la risonanza magnetica nucleare. L’intelligenza, dunque, non è per Feuerstein una serie di tratti ereditati geneticamente, immutabili e responsabili del comportamento di ogni individuo; è, piuttosto, la propensione dell’organismo a modificarsi in risposta all’adattamento a nuovi stimoli. Ciò non vuol dire negare la componente genetica delle intelligenze individuali, ma rifiutarne il carattere di staticità e fissità; significa non accettare l’etichettatura di un individuo, ma mettere in atto una serie di strategie affinché egli la superi.
Condizione metodologica necessaria per la modifica strutturale è la mediazione nell’apprendimento: essa integra altri elementi, quali l’eredità genetica, la costituzione, la maturazione e l’interazione con l’ambiente.
“Il mediatore è una persona che si fa carico in modo intenzionale dell’educando, si interpone tra quest’ultimo e gli stimoli ambientali, ne seleziona e ne evidenzia alcuni trascurandone altri, li modifica affinché siano meglio recepibili, li ripete con una frequenza maggiore, ne regola la durata, l’intensità, l’ordine di apparizione, dà loro un significato. Così facendo, altera le condizioni naturali di comparsa degli stimoli, che sarebbero casuali, per creare condizioni più favorevoli all’apprendimento. Facilita la loro organizzazione nello spazio e nel tempo, abitua il discente a mettere a confronto i dati su cui opera; stimola in lui il bisogno di creare relazioni tra ciò che viene apprendendo e le conoscenze già possedute.” (Paola Vanini, Potenziare la mente: una scommessa possibile, pp.35-36).
Il mediatore rappresenta il filtro tra chi apprende e la realtà esterna, e accompagna il soggetto nelle diverse fasi dell’atto mentale con lo scopo di fornirgli paradigmi cognitivi e modelli che lo renderanno, in seguito, capace di affrontare da solo gli stimoli ambientali, senza rischiare di esserne sopraffatto.
Il mediatore Feuerstein è dunque colui che interviene sull’allievo, sul gruppo o sulle classi di cui si vogliano stimolare performances cognitive di livello superiore; somministra loro le schede del Programma di Arricchimento Strumentale: esse sono suddivise in quattordici fascicoli, detti strumenti, ciascuno riguardante un certo campo della conoscenza e contenente esercizi che attivano o sviluppano determinate funzioni cognitive, e avviano al ragionamento sul processo di esecuzione; le consegne, basate sull’osservazione e sull’imitazione di un riquadro modello, sono presentate per essere comprese anche da bambini che hanno scarse competenze disciplinari e presentano ritardo.
Una rivoluzione.
Affinché il cambiamento cognitivo sia rilevabile, occorre che venga portato a termine un programma di circa 300 ore di applicazione, distribuite su due o tre anni scolastici e su due ore settimanali. Interventi troppo brevi o incostanti non possono produrre risultati positivi.
Chi studia per diventare mediatore Feuerstein comprende di dover essere disponibile a riflettere sui propri atteggiamenti; se è un insegnante, metterà in discussione l’approccio con la classe e lo stile professionale che l’ha caratterizzato fino a quel momento. All’inizio si sentirà inadeguato, ma poi sperimenterà la validità del Metodo, in particolare per interventi su allievi con bisogni educativi speciali e DSA, i quali possono implementare competenze logico-matematiche, linguistiche, di orientamento spazio-temporale e di ragionamento astratto, nonché capacità di osservazione, di controllo dell’emotività e di gestione razionale del lavoro scolastico.
La tesi feuersteiniana secondo la quale ciascun essere umano può accedere ad un comportamento intellettivo di miglior livello rispetto a quello con cui opera è una realtà: i fatti la dimostrano ogni giorno ad osservatori che non mancano mai di stupirsi.
di Simona Cascetti
[ndr Per il testo e per il titolo ho preso spunto dall’opera di Paola Vanini, Potenziare la mente. Una scommessa possibile, Vannini Editoria Scientifica, Gussago (BS), 2009]