In mezzo alle chiacchiere da annuncite e paraculite ormai spesso si distinguono le magagne fattuali. Risparmiare con la Riforma sulla politica è una balla circoscritta e contraddetta dal resto. Per favore smettiamola di stare dalla parte di Renzi, o contro di lui, stiamo dalla parte dei fatti. E i fatti dicono che ci sta prendendo per i fondelli da un pezzo, e non riesce neppure a farlo bene, perché viene regolarmente scoperto. Dedicato a tutti quelli che lo difendono per interesse, collusione, collisione mentale, debolezza, dubbio (“ma se va via lui chi viene?”), indisponibilità autentica verso il futuro.
Matteo Renzi dice e ripete che per risparmiare vuole «tagliare le poltrone dei politici». Ma purtroppo, con la riforma Boschi, sta provando a tagliare gli stipendi degli eletti (che almeno sono scelti da noi) e intanto aumenta le spese del governo, anche attraverso un esercito di poltroncine per i consulenti (che guarda caso sono scelti da lui e dai suoi uomini).
È una pioggia di denaro, con remunerazioni che talvolta arrivano a 150.000 euro annui: è questo il fiume di risorse che scorre da palazzo Chigi alle tasche dei suoi collaboratori. Si tratta di incarichi ben retribuiti alla corte del premier.
300 nomi nel bilancio, quasi 10 milioni di spesa, almeno a sommare gli importi rivelati nelle tabelle che la struttura del governo deve obbligatoriamente rendere disponibili (in ottemperanza alle direttive e alle prescrizioni sulla trasparenza nella pubblica amministrazione).
Alcuni di questi incarichi – come potete controllare guardando le tabelle che pubblichiamo sono stati incardinati negli anni e preesistono al governo Renzi, ma quasi tutti sono stati inseriti o rinnovati in decreti di nomina approvati e pubblicati da quando è in carica l’ attuale esecutivo (che ha giurato il 22 febbraio 2014).
Se serve una radiografia per capire come si sta evolvendo il potere di Matteo Renzi, non potrebbe esserci documento migliore di quello che La Verità pubblica – oggi e domani – con l’ elenco completo dei «collaboratori» assunti da Palazzo Chigi. Li potete scorrere uno a uno per farvi l’ idea di chi sono e di quanto prendono. Prima avvertenza: qui non stiamo parlando dei dipendenti di una delle istituzioni più dispendiose di questo Paese (che ovviamente figurano nei costi del personale fisso). Ma di persone che a diverso titolo (e spesso svolgendo funzioni utili) gravano sul bilancio del Palazzo come collaboratori.
Quello che è certo quando si parla di Palazzo Chigi – però – è che si tratta di un monte di spesa che mentre nel resto delle istituzioni si taglia, in assoluta controtendenza, continua a crescere. Sono più di 15, infatti, i miliardi spesi – dal 2011 a oggi – per far funzionare il cuore del governo e i suoi dipartimenti. Nel 2013 (ovvero nell’ ultimo anno di mandato di Letta) il bilancio consuntivo del governo era stato ridotto a 3,5 miliardi annui, ed è invece risalito con il primo anno di governo Renzi.
Un meticoloso studio condotto dal sito Open Polis (a cui faccio riferimento per i dati aggregati) addentrandosi nella giungla delle diverse voci di spesa ha permesso di ricostruire che il bilancio ridotto durante l’ era del governo di Enrico Letta (3 miliardi 543 milioni 654.000 euro) è tornato a crescere durante il governo Renzi (3 miliardi 650 milioni 168.000 euro) di oltre 100 milioni di euro (il doppio di quanto si risparmierebbe con il taglio delle retribuzioni dei senatori di Palazzo Madama se vincesse il Sì).
In questa torta, nel corso di due anni importanti, il peso degli ingredienti è cambiato in modo sensibile: per esempio, se si studia la principale voce di spesa, la Protezione Civile, secondo la sintesi fornita da Open Polis, è scesa la quota di fondi destinati alla struttura (dal 69,3% dei tempi del governo Letta al 62,18 di quelli di Renzi). Sotto il flusso impetuoso di questa ondata di nuove risorse sono aumentate altre voci di spesa dentro cui – spesso si annida una capacità discrezionale.
Se si scorre il dossier di Open Polis, infatti, si scopre che una delle voci di spesa che è cresciuta di più è il bilancio del segretariato generale, quasi raddoppiato in meno di 24 mesi: è passato da 460 milioni 274.000 euro (nell’ era Letta) a 754 milioni 833.000 euro (nell’ era Renzi).
Cosa c’ è dentro questo pozzo di San Patrizio? Di tutto e di più, comprese tante cose belle e utili, che riguardano il cuore della macchina dello Stato, il potere esecutivo. Ma dentro i fondi di Palazzo Chigi ci sono anche leve strategiche per orientare il consenso, come ad esempio i fondi per l’ editoria (la terza voce di spesa del bilancio con 221 milioni, il 6% del totale) con cui il dipartimento guidato da Luca Lotti riesce a determinare chi finanziare (e con quanto), lesinando ogni anno le risorse disponibili, aprendo e stringendo i cordoni della borsa e determinando i criteri di ripartizione.
La Verità non percepisce un euro di questi fondi, ma molte sono le testate che hanno un «diritto acquisito» ad accedere a questa torta (qui non c’ è spazio per scrivere come e perché): anche il solo ritardo strutturale e la lentezza con cui vengono elargiti i rimborsi – in molti casi possono significare vita o morte per un giornale. Ma torniamo ai consulenti.
Le sparate di Renzi sui 300 milioni di euro risparmiati dalle indennità dei senatori si sono infrante sui numeri prodotti dalla Ragioneria dello Stato: «appena» 50 milioni di euro sul bilancio di una struttura che costa l’ incredibile cifra di 2,5 miliardi l’ anno. Le tabelle che La Verità offre ai suoi lettori dimostrano che dietro la propaganda di facciata il rubinetto della spesa corre impetuoso. Alcuni (pochissimi e virtuosi) consulenti che per scelte personali o incompatibilità varie svolgono il loro mandato «a titolo gratuito». C’ è qualcuno che guadagna 4 o 5.000 euro l’ anno.
Ma subito dopo, addentrandosi in questo labirinto lungo 300 nomi, si scoprono incarichi che sono pesanti come buoni stipendi (da 25 a 60.000 euro) e alcuni mandati che raggiungono remunerazioni che solo alti dirigenti dello Stato riescono a toccare.
Sono molti gli incarichi compresi fra gli 85 e i 120.000 euro, qualcuno arriva addirittura a toccare il muro dei 150.000. Si tratta, come la dottoressa Carlotta De Franceschi (che ha intasca questa cifra per lavorare dal 1 settembre 2014 al 31 agosto 2015), di tecnici inseriti nel Nucleo tecnico per il coordinamento della politica economica. Ma anche far parte Del Nucleo tecnico di valutazione e verifica degli investimenti paga molto bene.
E così questi numeri raccontano molto anche sulle geometrie celesti del Palazzo, i pesi e i contrappesi dei poteri della Repubblica, seguono e anticipano il disegno che la riforma Renzi sta cercando di imporre: parlamenti più deboli, senatori non retribuiti, enti locali svuotati di poteri e competenze. Ministeri dai bilanci sforbiciati. Tutto a vantaggio dell’ uomo solo al comando: il capo del governo e la sua struttura.
Oliviero Beha
da http://www.olivierobeha.it