IL FALLIMENTO DEI VECCHI MODELLI ECONOMICI.
La provincia di Teramo è mestamente collocata tra le ultime in Italia per reddito medio, tra le più povere dell’intero stivale. Solo 24.282 euro la rilevazione fatta dall’Osservatorio Jobpricing, su un reddito medio nazionale di 29.176 euro che è in crescita rispetto al 2015: una cifra che sottolinea come la caduta del nostro territorio sia ormai libera, una discesa fotografata anche dallo studio. Difatti la nostra provincia passa dal 91esimo posto al 96esimo del 2016 su 110 realtà nazionali considerate, quella che, secondo l’Università teramana, è rimasta più al palo, senza aver sviluppato nel frattempo formazione e ricerca.
Teramo ovviamente è la più povera anche in Abruzzo e viene distanziata da tutte le altre province: L’Aquila è a 27.585 euro, Pescara a 25.568 e Chieti a 25.692. Ma anche da quelle che la attorniano, come ad esempio Ascoli (26.641 euro), Rieti (25.334) e così via. Per trovare una sorta di continuità reddituale bisogna scendere molto a Sud, in Calabria (Reggio, Vibo Valentia) o in alcune zone depresse della Sicilia o ad Ovest verso la Sardegna (Nuoro, Oristano). Troppo per una realtà economica che fino a pochi anni fa era considerata alla stessa stregua di una provincia veneta. Così con la sua crisi economica che si riflette sui redditi in maniera evidente il nostro territorio è diventato una peculiarità nazionale.
“Ora – interviene il docente di economia aziendale all’università di Teramo, Christian Corsi – la specificità sta nell’individuare quella che dovrà essere la vocazione del territorio perché i vecchi modelli di sviluppo sono ormai falliti con la crisi economica che c’è stata negli ultimi anni. Teramo deve andare a individuare altro perché i redditi così bassi derivano da un ambito pubblico non più attrattivo su Teramo, destinatario di scelte regionali e soprattutto nazionali. Il nuovo modo di fare impresa – prosegue l’economista – è completamente cambiato, come del resto il modo pure di produrre reddito. Invece Teramo che non ha grossi complessi industriali o insediamenti della pubblica amministrazione può solo puntare sulle eccellenze della formazione e della ricerca che invece sono presenti sul territorio, ciò può rappresentare un nuovo modello di sviluppo e volano. E fino a quando non si realizza questo si continua a perdere tempo, cosa che le altre province invece stanno facendo già da tempo e lo hanno capito prima di noi”.
Tra i comuni più “poveri” in provincia figurano Valle Castellana con un reddito medio di 15.893 euro e Cellino Attanasio con 16.384 euro. Il capoluogo è attestato a quota 23.972.
Un reddito medio così basso è avvalorato dalla Cisl che sforna per Teramo numeri impressionanti: il 29% delle famiglie ha un reddito sotto la soglia di povertà, pari a meno di mille euro al mese, così come il 75% degli anziani ha una pensione che non supera i 750 euro mensili. Il tasso di disoccupazione giovanile che è addirittura al 27,9%, a fronte di un tasso di disoccupazione generale del 13%, segno di un sistema produttivo completamente “destrutturato”.
“Siamo in piena emergenza produttiva, economica, sociale ed occupazionale” spiega il segretario regionale Cisl Antonio Scuteri. “Se non si porrà immediato rimedio a questa situazione, con la partecipazione dei lavoratori teramani ed il riconoscimento di un loro imprescindibile ruolo, la strada imboccata ci porterà verso il baratro”. Da qui, una serie di proposte per il rilancio del territorio, dalla richiesta rivolta ormai da tempo alle varie figure istituzionali di tavoli e altro ancora.
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DAL BLOG DI MAURIZIO DI BIAGIO – IL SENSO