Il tempo e’ impazzito? Non possiamo farci nulla, ma questo non significa non poter essere attenti a ciò che sta avvenendo, conseguenza di una pessima gestione del territorio (chiamata urbanistica), e una profonda carenza di coscienze nel limitare i danni delle azioni umane su di esso.
E’ ora di dire basta alla cementificazione selvaggia. E’ ora di operare soprattutto nel restauro e nella ristrutturazione dell’esistente. Eppure i padri dell’architettura moderna, in tempi non sospetti, hanno professato la necessità di cit-tà-giardino, affinché il terreno potesse ossigenarsi, rinnovarsi e filtrare. La nuova urbanistica, invece, ha fatto inmodo che dal 1950 ad oggi fosse andato perso oltre il 40% del nostro territorio, con un consumo annuo sempre in crescita. Si pensi che l’Italia è al primo posto in Europa per produzione e consumo di cemento armato. Per un falso credo che impone il binomio edilizia-boom economico. I pochi terreni liberi rimasti, quanto ancora resisteranno all’assalto di nuovi neo-furbispeculatori? Non abbiamo bisogno di case, la popolazione non è in crescita e di volumi vuoti ce ne sono tanti. Le conseguenze di quanto detto sono leggibili in ciò che sta accadendo negli ultimi giorni. Che dire, ad esempio, del quartiere Colleparco, sorto su terreno di argillee arenarie con coltre col-luviale, da sempre instabile ed in lento movimento. Osserviamo la sua evoluzione. Da terreno in-colto/agricolo è passato a “ville evillini” PRG1969, a “ville unifamiliari con ampio ambito di verde pubblico attrezzato” PRG1973, fi no a diventare oggi “zona espansiva estensiva” ad alto indice fondiario. Non si comprende perché Università e Casa dello Studente siano stati posti in un’area, non solo notoriamente interessata a deformazioni lente conavvenimenti franosi (studi geologici comu-nali approfonditi: 1980 geol. Pulcini/ Adamoli e 1990 Soc.Geologica di Chieti), ma difficile da raggiungere da parte di chi frequenta, vista l’esistenza di vaste aree dismesse, disponibili e vicine ad importanti nodi di traffico. Che dire delle continue esondazioni di torrenti in secca, rigorosamente incastrati in una bara di cemento e/o con aree di rispetto di pochi metri. Che dire dell’allagamento di taverne e garage scavati a quota sotto livello del mare, sulla costa. Che dire dei palazzi moderni crollati a L’Aquila durante l’ultimo terremoto, semplicemente perché posizionati lungo l’asse di faglia o su terreni a due differenti stratigrafi e contigue. Che dire del sottopasso-killer del casello di Mosciano, utile a scavalcare una ferrovia dal traffico quasi inesistente, ma inserito in un assetto viario estremamente contorto e non scorrevole (bastava lasciare l’incrocio posizionandovi la rotonda, attendendo solo pochi minuti il passaggio della littorina). Gli enti preposti all’organizzazione delterritorio hanno fatto enormi errori di programmazione. Sarebbe bastato il buon senso. Prevedere corpose aree di rispetto lungo fiumi, torrenti, laghi e mare, mantenere altissima la percentuale di aree verdi. Ma, soprattutto, permettere l’edificazione solo dietro indagini geologiche approfondite per una vera, cosciente, corretta progettazione.GIADA VASANELLA ( BIO-ARCHITETTO –TERAMO)