La nostra regione, negli ultimi anni, non ha attraversato momenti di grande fulgore. Tra i limiti della politica amministrata, la recessione economica, gli eventi catastrofici, il pesante debito. Alle porte, una prospettiva e un incubo, nello stesso tempo: il federalismo fiscale. Quali scelte per “sopravvivere”? E’ difficile, per chiunque, predire il futuro. Ma giudicare
il passato, si può. Esempio? La spesa sanitaria regionale. I politici si affannano a ripetere da almeno un lustro che essa vale circa l’88 % del bilancio regionale. Nessuno osa, peraltro, dare un giudizio chiaro sulla qualità del servizio sanitario regionale. Analizziamo alcuni elementi. Abbiamo circa 30 presidi ospedalieri per poco più di un milione di abitanti. Un paradosso. Poi, le duplicazioni delle basse soglie e la carenza di alte soglie. Nel pubblico e nel privato. L’Abruzzo ha bisogno di alte soglie, di avanguardie sanitarie, razionalizzate, attrezzate, finanziariamente compensate. L’Abruzzo, per averle, deve smantellare il sistema delle soglie di galleggiamento, di copertura, di stand-by infiniti. E’ forse questa la più grande sfida della politica abruzzese. Non solo. E’ la sfida degli organismi di rappresentanza, della società civile, delle istituzioni locali, dei cittadini. Non è possibile lamentarsi di certe prestazioni e poi difenderle. La ristrutturazione della sanità regionale si pone come necessaria, come prospettiva per i cittadini e per le future generazioni. Nei prossimi anni, pianificando con la ricchezza che sapremo produrre, saremo costretti alla più rigida delle responsabilità. Ergo, è opportuno che il ridimensionamento e la riqualificazione del sistema sanitario abruzzese prenda veramente corpo subito. Quali proposte? Alcune, forse apparentemente provocatorie, forse semplici ipotesi. Quattro grandi presidi ospedalieri? Quattro presidi di mantenimento che tutelino le zone più vulnerabili dal punto di vista ambientale? Centri di base per la stabilizzazione delle emergenze ? Creazione dei Dipartimenti di specialità focalizzati in specifici presidi? Alienazione delle strutture dismesse e pianificazione di una nuova edilizia sanitaria? Territorializzazione dei livelli sanitari di primo livello? Accorpamento delle funzioni amministrative e gestionali? Premialità produttive? In tale percorso, forse, vi è un’ apparente frizione tra gli interessi dei cittadini e dei malati e quello delle diverse rappresentanze, non ultimo quello dei lavoratori del comparto. Si tratta solo di decidere se considerare, ancora oggi, la sanità – tra l’altro – come un ammortizzatore sociale e uno strumento di welfare passivo o come il principale servizio a disposizione dei cittadini.